Il riscatto dei contributi consente di ottenere il riconoscimento di periodi scoperti dal punto di vista previdenziale. Questo consente sia di avvicinare il momento della pensione sia di aumentarne l’importo.
Quando si parla di riscatto il pensiero va subito al riscatto di laurea, ossia degli anni di studio universitario, ma esistono anche altre tipologie di riscatto contributivo. Vediamo quindi quali altri periodi possono essere riscattati e quanto costa il riscatto contributivo.
=> Calcolo riscatto laurea
Cos’è il riscatto contributivo?
Il riscatto contributivo è una facoltà che il lavoratore/pensionato può esercitare a propria discrezione, presentando apposita domanda all’INPS.
L’obiettivo è di consentire al lavoratore di coprire dal punto di vista previdenziale periodi assicurativi altrimenti privi di contribuzione. Una volta riscattati, i contributi vengono collocati nello stesso periodo nel quale avrebbero dovuto essere versati.
Chi può accedere al riscatto contributivo?
Possono richiedere il riscatto contributivo:
- i lavoratori iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO);
- gli iscritti a una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi;
- gli iscritti alla Gestione Separata dei lavoratori parasubordinati;
- gli iscritti ai fondi speciali, sostitutivi, esclusivi gestiti dall’INPS.
Che differenza c’è tra riscatto dei contributi e copertura figurativa?
La copertura figurativa – prevista ad esempio per il servizio militare, la maternità, etc. – è gratuita, il riscatto è sempre a titolo oneroso, anche se fiscalmente agevolato, e si perfeziona con il pagamento di un importo.
Che differenza c’è tra riscatto dei contributi e versamento volontario?
I versamenti volontari possono essere considerati complementari al riscatto dei contributi. La principale differenza tra la prosecuzione volontaria dell’assicurazione e il riscatto è che quest’ultimo può essere esercitato in qualsiasi momento, per coprire periodi altrimenti privi di contribuzione, anche distanti nel tempo.
Quali contributi si possono riscattare?
Le principali tipologie di contributi che possono essere oggetto di riscatto sono quelle legate ai periodi:
- oggetto di omissione contributiva caduta in prescrizione (10 anni);
- per i quali non era previsto l’obbligo di versamento contributivo (es. riscatto di laurea o lavoro all’estero);
- oggetto di particolari disposizioni legislative.
Che cosa si può riscattare ai fini pensionistici oggi?
Le tipologie di riscatto principali sono dunque:
- riscatto dei corsi di studio ai sensi dell’articolo 2, decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184;
- riscatto per costituzione di rendita vitalizia riversibile di contributi omessi e caduti in prescrizione (articolo 13, legge 12 agosto 1962, n. 1338);
- riscatto dei periodi di attività prestata con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa ante 1° aprile 1996 (articolo 51, legge 23 dicembre 1999, n. 488);
- riscatto dei periodi di interruzione o sospensione del rapporto di lavoro (articolo 5, decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564);
- riscatto dei periodi intercorrenti tra un rapporto di lavoro e l’altro nel caso di lavori discontinui, stagionali, temporanei (articolo 7, decreto legislativo n. 564/1996);
- riscatto dei periodi di non attività connessi a rapporti di lavoro prestato con contratto a part-time (articolo 8 decreto legislativo n. 564/1996);
- riscatto dei periodi di occupazione in lavori socialmente utili ai fini della misura delle pensioni (articolo 8, comma 19, decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468);
- riscatto degli anni di praticantato effettuati dai promotori finanziari (articolo 1, comma 198 legge 23 dicembre 1996, n. 662);
- riscatto del servizio civile su base volontaria, successivo al 1° gennaio 2009 (articolo 4, comma 2, decreto-legge 29 novembre 2008, n.185, così come convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2; decreto legislativo 40/2017);
- riscatto di periodi di aspettativa per gravi motivi di famiglia (articolo 1, comma 789, legge 27 dicembre 2006, n. 296);
- riscatto dei periodi di lavoro subordinato compiuti all’estero (articolo 51, comma 2, legge 30 aprile 1969, n. 153, come modificato dall’articolo 2-octies del decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 aprile 1974, n. 114, e articolo 3, comma 1, decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184);
- riscatto dei periodi di assenza facoltativa per maternità collocati al di fuori del rapporto di lavoro (articolo 35 comma 2, 26 marzo 2001, n. 151);
- riscatto del periodo di congedo per la formazione (articolo 5, comma 5, legge 8 marzo 2000, n. 53);
- riscatto dei periodi non coperti da contribuzione (articolo 20, commi 1-5, decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito in legge 28 marzo 2019, n. 26);
- ulteriori periodi di riscatto previsti da specifiche disposizioni di legge.
Come pagare i buchi contributivi?
Negli anni la legislazione in tema di riscatto dei contributi ha subito alcune modifiche. Alcune tipologie, come il riscatto dei contributi omessi e prescritti, dei periodi di studio o di lavoro svolto all’estero, sono ben note e consentite praticamente da sempre, mentre altre sono state introdotte nel tempo.
È questo il caso della possibilità di riscattare i periodi in cui si è rimasti inoccupati per assistere figli o familiari portatori di handicap (riforma Amato del 1993). Il requisito richiesto è di avere almeno cinque anni di contribuzione acquisita in base a un’effettiva attività lavorativa (esclusi contribuiti figurativi, volontari o provenienti da riscatto). Possono essere riscattati fino al massimo 5 anni. La Legge di Stabilità 2016 ha eliminato il divieto di cumulo con il riscatto del periodo di corso legale di laurea.
Con la riforma Dini del 1995 è stata introdotta la possibilità di riscattare i periodi:
- in cui sono stati seguiti corsi di formazione professionale e altri periodi d’interruzione o sospensione del rapporto di lavoro per un massimo di tre anni, successivi al 1996 e non coperti né da contribuzione figurativa, né volontaria;
- di formazione professionale, studio e ricerca, finalizzati all’acquisizione di titoli o di competenze specifiche richieste per l’assunzione al lavoro o per la progressione della carriera;
- d’inserimento nel mercato del lavoro;
- di lavoro discontinuo, saltuario, precario e stagionale nonché i periodi intercorrenti non coperti da contribuzione;
- lavoro part-time orizzontale, verticale o ciclico per i periodi non coperti.
La Legge di Bilancio per il 2022 non ha previsto la proroga della cosiddetta “pace contributiva” introdotta dal decreto legge 4/2019 per consentire, in via sperimentale per il triennio 2019 – 2021, la possibilità di recuperare a condizioni semplificate e con oneri agevolati eventuali buchi contributivi tra diversi lavori.
C’è poi il caso particolare del riscatto degli anni di laurea, in particolare dei periodi corrispondenti alla durata legale del corso di laurea (o una sua parte), compresi i dottorati di ricerca, i diplomi di specializzazione post laurea ed i titoli di studio equiparati a seguito dei quali sia stata conseguita la laurea o i diplomi previsti dall’articolo 1, della legge 341/1990.
Recentemente l’articolo 20 del Decreto-legge n. 4/2019 recante “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni” ha introdotto una nuova facoltà di riscatto agevolato, ai fini previdenziali, dei periodi non coperti da contribuzione.
Un’opzione facoltativa che introduce degli sconti sull’onere da versare ma viene concessa a patto di non aver maturato alcuna contribuzione prima del 31 dicembre 1995 e di non essere titolari di pensione.
Attenzione: il riscatto agevolato previsto dal dl 4/2019 non deve necessariamente riguardare periodi di studio successivi al 1995, ma può essere utilizzato per valorizzare ai fini previdenziali anche periodi antecedenti al 1996, se il lavoratore sceglie il calcolo interamente contributivo della pensione (circolare INPS 6/2020).
In più il riscatto agevolato gli anni riscattati sono conteggiati solo per raggiungere il requisito contributivo ma non vengono valorizzati per far crescere l’importo dell’assegno.
Quanto costa riscattare i contributi per la pensione?
I costi non sono per tutti uguali. Ad entrare in gioco per il calcolo del costo del riscatto dei contributi sono diverse variabili: la tipologia di riscatto richiesta, il regime previdenziale in cui si è inquadrati, dove si collocano i periodi da recuperare, eventuali agevolazioni previste dalla normativa e così via.
Fondamentalmente, per il calcolo del riscatto contributivo si applica:
- il metodo retributivo a coloro che potevano vantare almeno 18 anni di contribuzione alla data del 31 dicembre 1995, per l’anzianità acquisita sino al 31 dicembre 2011. In questa ipotesi l’onere di riscatto è una somma calcolata con il metodo della riserva matematica, con importi che cambiano a seconda del sesso e dell’età del richiedente e la retribuzione alla data della domanda;
- il metodo contributivo per chi non aveva alcuna anzianità assicurativa al 31 dicembre 1995. In questo caso l’onere da riscatto viene determinato applicando alla retribuzione l’aliquota contributiva obbligatoria in vigore al momento di presentazione della domanda di riscatto;
- il metodo misto (retributivo per i periodi sino al 1995 e contributivo per i successivi) a coloro che al 31 dicembre 1995 potevano contare su una posizione assicurativa inferiore a 18 anni.
=> Riscatto laurea per la pensione, calcolo costi
In caso di riscatto di laure agevolato, si applica uno sconto sull’importo dovuto per il riscatto della laurea pari, in media, al 60% (il risparmio effettivo dipende dall’ammontare dell’attuale retribuzione). Il costo del riscatto agevolato degli anni di università ha infatti un ammontare uguale per tutti: 5.241,30 euro per ogni anno riscattato (si applicano le stesse regole applicate a chi è ancora inoccupato).
Quanto costa riscattare 3 anni di contributi?
Prendendo l’esempio di chi decide di ricorrere al riscatto agevolato della laurea pagherà 5.264,49 euro per ogni anno da riscattare. Per riscattare 3 anni di contributi, il costo totale è di 15.793,49 euro.
Quali sono le agevolazioni fiscali per il riscatto dei contributi?
Gli oneri di riscatto versati sono deducibili dal reddito (comma 5-bis dell’articolo 2 dlgs 184/1997). Nel caso in cui riguardino una persone fiscalmente a carico, si applica invece la detrazione al 19%.
Per il triennio 2019-2021 (quest’ultimo anno ricade nella dichiarazione dei redditi 2022) il Dl 4/2019, nell’ambito delle misure di pace contributiva, ha introdotto una detrazione dall’imposta lorda in misura pari al 50%. L’agevolazione è ripartita in 5 quote annuali di pari importo, a partire dall’anno di spesa, e spetta solo se l’onere viene determinato in modo ordinario, in base ai criteri fissati dal comma 5 dell’articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1997 n.184. Quindi l’agevolazione non è cumulabile con il riscatto agevolato della laurea.
Conviene riscattare i contributi?
Come per il calcolo dell’onere, anche per capire se riscattare i contributi conviene, o meno, è necessario valutare la propria situazione individuale. Questo anche a fronte del fatto che si tratta di un’operazione onerosa.
Come per il calcolo dell’onere, anche per capire se riscattare i contributi conviene, o meno, è necessario valutare la propria situazione individuale. Questo anche a fronte del fatto che si tratta di un’operazione onerosa.
Tra gli aspetti da considerare, per valutare se riscattare o meno i contributi:
- quanto potrebbe aumentare l’assegno previdenziale? Tale aumento giustifica il costo del riscatto? A tal fine appare utile ricordare che le regole di calcolo ordinario del riscatto prevedono che l’onere sia tanto minore quanto più bassa è l’età e la retribuzione del richiedente (quindi, solitamente, prima si riscattano i contributi meno si paga)
- quanti anni si potrebbe andare prima in pensione? La contribuzione da riscatto ha infatti lo stesso valore della contribuzione obbligatoria e dunque è valida perfezionamento dei requisiti contributivi richiesti per l’accesso sia alla pensione anticipata che a quella di pensione di vecchiaia.
Nei casi in cui è possibile, si può anche valutare il versamento, volontario dei contributi.
Quanto costa versare i contributi volontari?
Chi intende versare autonomamente uno o più anni di contributi, per raggiungere i requisiti contributivi richiesti ad esempio per accedere alla pensione anticipata o di vecchiaia, o il requisito legato all’ammontare minimo dell’assegno previdenziale, può chiedere all’INPS l’autorizzazione alla contribuzione volontaria.
Il costo del versamento della contribuzione volontaria non è uguale per tutti, ma dipende da alcune variabili. Più in particolare la somma da versare come contributo volontario è pari alla contribuzione normalmente dovuta in base alla retribuzione di riferimento (quella dell’ultimo anno di lavoro).
Quanto costa un anno di contributi per la pensione?
Il costo annuale dei contributi versati dai lavoratori ai fini pensionistici dipende dall’aliquota applicata. Ad esempio i dipendenti versano ogni anno il 33% della propria RAL (retribuzione annua lorda) a titolo di contributi.
Considerando che nel 2022 la retribuzione settimanale minima è stata fissa a 210,5 euro, il 33% di tale importo è pari a circa 69,35 euro. Ciò comporta che, come minimo, un anno di contributi nel 2022 è pari a 3606.2 euro, per i dipendenti.
Quanto costa pagare 1 anno di contributi?
L’aliquota contributiva vigente che per gli ex dipendenti è pari al:
- 27,87%, se autorizzati sino al 31 dicembre 1995;
- 33% per le autorizzazioni successive.
Questo significa che un anno di contributi volontari costa non meno di 58,57 euro a settimana per i soggetti autorizzati sino al 31 dicembre 1995 e a 69,35 euro e per le autorizzazioni successive, corrispondenti rispettivamente a 3045.64 e 3606.2 euro l’anno (52 settimane).