Affrontare la carenza dei medici di famiglia permettendo agli infermieri di offrire supporto e supplenza, in modo da assicurare le cure primarie ai pazienti: questo tipo di sperimentazione è già in corso in alcune ASST lombarde ma l’annuncio della vicepresidente e assessore al Welfare Letizia Moratti ha destato numerose polemiche.
Infermieri con i medici di base
A precisare la natura della nuova collaborazione in ambito Sanità tra medici di base e infermieri è una nota della Direzione Generale del Welfare della Regione Lombardia, che lo definisce un sostegno organizzativo (e non professionale) volto a prendere in carico un maggior numero di assistiti.
È utile pensare a forme di organizzazione innovative che utilizzino personale infermieristico. […] L’obiettivo è collaborare e prendere in carico un numero maggiore di assistiti rispetto a quanto è possibile fare ora.
Un modello organizzativo già sperimentato nelle Case di comunità.
Medici di famiglia insostituibili
Si tratta comunque di una collaborazione che in ogni caso ha carattere di straordinarietà e temporaneità. Le figure professionali mediche e infermieristiche hanno infatti competenze diverse, non sovrapponibili né interscambiabili, ma sicuramente sinergiche e complementari. La stessa nota specifica che il personale infermieristico non può sostituire l’attività e il ruolo del medico di famiglia, ma è certamente in grado di supportarlo sotto la sua responsabilità.
Medici e infermieri, professioni distinte
Le parole dell’assessore al Welfare lombardo, in ogni caso, hanno suscitato non poche reazioni soprattutto da parte dei sindacati. La FIMMG, ad esempio, ha definito le parole di Letizia Moratti irrispettose nei confronti dei medici e del loro lavoro ma anche degli infermieri, dei quali potrebbe essere messa in dubbio la professionalità distinta e autonoma.
Secondo ANAO ASSOMED Lombardia, inoltre, la professione di medico, sia esso di medicina generale, ospedaliero o specialista, è imprescindibile e insostituibile:
Non è possibile far fronte ai buchi e alle carenze di un SSN in tracollo tramite la progressiva sostituzione dei medici con figure pensate come ‘sostitutive’: medici e infermieri collaborano e compongono la strutturata equipe che agisce in virtù del bene del paziente e di un servizio accorto alle necessità soggettive, tuttavia, l’uno non può sostituire l’altro e viceversa.
Il nodo formazione
Parole di dissenso arrivano anche dal sindacato dei medici Federazione Cimo-Fesmed, che focalizza l’attenzione sulla formazione.
Se la risposta alla carenza dei medici è assumere chiunque possa fare compagnia al paziente, senza considerare la sua formazione, trasformiamo il corso di laurea in Medicina in un corso triennale e aboliamo le specializzazioni, ha commentato Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed.
Cosa studiamo a fare per 11 anni, noi medici, se poi ai non specialisti delle cooperative è consentito lavorare in ospedale e adesso agli infermieri lombardi è addirittura concesso di essere i supplenti dei medici di medicina generale? Ma cosa li teniamo a fare corsi di laurea di 6 anni e scuole di specializzazione di 4-5 anni se quello che vi impariamo non è ritenuto necessario per il nostro lavoro?