Conto alla rovescia per l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (dlgs 14/2019), adottato a pieno regime dal 15 luglio 2022. L’art. 389 del Codice unico sostituirà la legge fallimentare nella gestione delle procedure concorsuali e di risanamento, in recepimento della Direttiva Insolvency obbligatoria dal 17 luglio.
Una riforma in evoluzione
La crisi economica conseguita alla pandemia aveva già reso necessario negli ultimi anni un rinvio dei nuovi sistemi di allerta (che prevedono stringenti meccanismi di segnalazione), attualmente differiti al 31 dicembre 2023. Di contro, sono stati anticipati strumenti come la Composizione negoziata della crisi d’impresa, che tuttavia non si sta rivelando una soluzione particolarmente gradita agli imprenditori in difficoltà, considerato anche l’aspetto economico per la remunerazione dell’esperto mediatore, nonostante i vantaggi in termini sulla posizione debitoria a cui si accede nel momento in cui si procede su questa strada.
Crisi impresa: cosa cambia per le PMI
L’art. 3 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (“Adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa”) prevede la definizione di adeguato assetto organizzativo con inevitabili conseguenze pratiche sia in termini di gestione dell’impresa sia di responsabilità.
Ogni imprenditore, anche individuale, dovrà implementare misure atte a rilevare per tempo un potenziale stato di crisi e adottare subito iniziative tali che la prevengano. Le imprese strutturate dovranno istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile ai sensi dell’articolo 2086 del Codice Civile.
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I segnali che richiedono interventi
Il terzo comma dell’art. 3 del Ccii stabilisce i parametri di riferimento in base ai quali scattano i segnali d’allarme. Lo scorso 17 marzo, nello specifico, il Governo ha approvato uno schema di decreto che introduce la definizione di assetti organizzativi delle imprese nonché la codifica di tali segnali per prevenire la crisi d’azienda (articolo 13 del dlgs), aggiornati con cadenza triennale. In particolare, al verificarsi dei segnali d’allerta, bisognerà avviare il monitoraggio della situazione e prevenire una crisi d’impresa e attuare contro-misure:
- squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario;
- indici di sostenibilità dei debiti per i sei mesi successivi;
- prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o i sei mesi successivi;
- indici di sostenibilità oneri d’indebitamento con flussi di cassa,
- adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi, ritardi nei pagamenti reiterati e significativi.
Il comma 4 dell’articolo 3 del Codice prevede che costituiscano ulteriori segnali di allerta:
- debiti per retribuzioni scaduti da 30 trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare mensile delle retribuzioni;
- debiti verso fornitori scaduti da 90 giorni e di importo superiore ai debiti non scaduti;
- esposizioni bancarie e finanziarie scadute da 60 giorni, o superiori (da 60 giorni) al limite degli affidamenti se superiori al 5% del totale delle esposizioni;
- una o più esposizioni debitorie di cui all’articolo 25-novies, comma 1 del Ccii.