La delega di Riforma fiscale, a quasi sei mesi dall’approdo in Parlamento, è ancora in alto mare: si attende la decisione del Governo dopo che il presidente della commissione Finanze della Camera, Luigi Marattin, ha chiesto un chiarimento politico e annullato il dibattito alla luce della mancanza di un’intesa di maggioranza sui correttivi.
In base all’attuale calendario, il Ddl di Riforma fiscale dovrebbe arrivare in Aula a Montecitorio subito dopo Pasqua, il 19 aprile, ma l’appuntamento rischia ancora una volta di saltare, a meno che il Governo non decida per il voto di fiducia. I nodi irrisolti restano le nuove aliquote di tassazione per le rendite finanziarie (compresa cedolare secca e titoli di stato) e la richiesta del Centrodestra di rendere vincolanti i pareri delle commissioni sui ddl attuativi della delega.
Una volta approvato il ddl delega, il Governo è infatti chiamato ad approvare i decreti legislativi attuativi, sui quali di norma è previsto un passaggio parlamentare con pareri che però non sono vincolanti. La richiesta è quella di blindare questi passaggi, ancorandovi l’attuazione della delega. L’obiettivo è assicurare che la riforma non preveda aumenti della pressione fiscale. E nel testo della delega c’è anche un’esplicita clausola che non consente di alzare le tasse con i decreti attuativi.
Nonostante la clausola, il timore è che in fase attuativa si introducano ad esempio aliquote penalizzanti rispetto a quelle attuali, dal momento che il testo della riforma mira ad un sistema duale per un periodo transitorio per poi convergere verso un’aliquota unica, che potrebbe aumentare le tasse sugli affitti con cedolare secca e sui titoli di stato tassati in misura ridotta.
Questo secondo nodo si riconnette dunque anche al primo, ossia alla tassazione delle rendite finanziarie, e all’opposizione del centrodestra al meccanismo previsto dall’attuale formulazione della delega: applicazione a regime della medesima aliquota proporzionale di tassazione e, in via transitoria, di due aliquote di tassazione proporzionale, ai redditi derivanti dall’impiego del capitale, anche nel mercato immobiliare. Significa modificare la cedolare secca sugli affitti, che oggi va dal 10 al 21%, ma anche la tassazione sui titoli di Stato, che è al 12,5%. Il rischio è l’innalzamento delle aliquote più basse, che potrebbero convergere nel tempo verso il 26%.
Senza un accordo di massima, per arrivare in Aula il Governo dovrà dunque mettere la fiducia. Il giornata, comunque, c’è stato un nuovo vertice politico al termine del quale sembrano essersi create le condizioni per riprendere un dialogo costruttivo dopo Pasqua.