Sono 35.000 le società di capitali italiane che potrebbero non riuscire a sostenere gli investimenti necessari a uniformarsi agli obiettivi europei di emissioni zero al 2050, attraverso la riconversione dei processi di produzione. Lo sottolinea Cerved, mettendo in evidenza le opportunità generate dalla transizione ecologica ma anche le criticità che registrano molte imprese.
Secondo l’indagine “Il rischio di transizione nel sistema produttivo italiano” condotta su 683.000 società di capitali, i processi di riconversione coinvolgeranno 57.000 imprese, tuttavia 35.000 di queste non avrebbero i fondamentali per sostenere gli investimenti, almeno stando agli score di rischio creditizio e ai bilanci. Si tratta quindi di società che rischiano di compromettere il proprio equilibrio finanziario.
Soltanto nel Mezzogiorno, le attività messe a rischio dalla transizione sono 18.429 (in pratica il 10,3%, su una media nazionale dell’8,4%), contro le 13.139 società del Nord-Est (9%), le 13.878 del Nord Ovest (7%) e le 12.051 del Centro (7,6%).
Di contro, il potenziale di investimenti è pari a 20,6 miliardi di euro per 22.000 società sane e potrebbe essere ulteriormente rafforzato impiegando ad hoc le risorse del PNRR. La transizione verso un sistema a emissioni zero genera dunque rischi diversificati.
L’indagine di Cerved si basa sulla tassonomia UE delle attività sostenibili ma anche su un’ampia serie di informazioni aggiuntive legate ai bilanci e agli score di rischio creditizio.
- Le classi di rischio “molto alto” e “alto” comprendono in tutto 57.498 aziende attive nei settori a maggiori emissioni, come quelli legati all’estrazione, lavorazione e commercializzazione di combustibili fossili (in dismissione), alla produzione di energia elettrica da fonti non rinnovabili, all’industria pesante, alla filiera agricola.
- I settori a rischio “medio”, invece, comprendono gran parte delle attività manifatturiere chiamate a ridurre l’impatto ambientale attraverso investimenti di adeguamento: si tratta di circa 130.000 imprese.
Dal punto di vista territoriale e settoriale, i processi di trasformazione riguarderanno soprattutto le società più grandi e il Mezzogiorno, specializzato in settori che richiederanno cambiamenti notevoli. A registrare la maggiore presenza di imprese a rischio di transizione alto o molto alto è l’agricoltura, seguita dall’energia e dalle utility. Quote minori riguardano l’industria e i servizi.
L’incidenza di società a rischio alto scende al diminuire della dimensione, fino a toccare il 7,2% tra le microaziende (meno di 10 addetti). L’elevata incidenza dei debiti finanziari tocca il 37% nella fascia delle grandi imprese, contro quote tra il 16 e il 20% tra le PMI e le micro.