I lavoratori pubblici sospesi dal servizio perché non in regola con l’obbligo vaccinale hanno comunque diritto a ricevere la metà della retribuzione. Lo sottolinea il TAR del Lazio, con l’ordinanza 1234/22 depositata in seguito al ricorso avviato da un dipendente del Ministero della Giustizia.
Il TAR si è pronunciato in merito alla sospensione dal servizio e dallo stipendio fino all’avvio o al completamento del ciclo vaccinale primario, o della somministrazione della dose di richiamo.
L’ordinanza del TAR impone adesso al Ministero di versare metà della retribuzione al personale sospeso in attesa dell’udienza pubblica di merito prevista per il prossimo 6 maggio, durante la quale sarà discussa la costituzionalità della norma che ha introdotto l’obbligo vaccinale.
Considerato che il ricorso richiede approfondimento di merito, in relazione ai profili di doveroso bilanciamento di valori costituzionali, tra la tutela della salute come interesse collettivo – cui è funzionalizzato l’obbligo vaccinale – e l’assicurazione di un sostegno economico vitale – idoneo a sopperire alle esigenze essenziali di vita, nel caso di sospensione dell’attività di servizio per mancata sottoposizione alla somministrazione delle dosi e successivi richiami, c.d. booster – tenuto conto che la sospensione è dichiaratamente di natura non disciplinare e implica la privazione integrale del trattamento retributivo. Ritenuto, pertanto, di accogliere l’istanza cautelare, nel senso che al ricorrente sia corrisposto un assegno alimentare pari alla metà del trattamento retributivo di attività.
L’ANIEF ribadisce l’impegno a chiedere il medesimo pagamento della metà dello stipendio, in attesa della decisione della Consulta, accogliendo le richieste di tutto il personale sospeso che ha aderito ai ricorsi al TAR o che vorrà aderire ai ricorsi al Presidente della Repubblica entro il 15 marzo. Sarebbero ancora in 8mila, infatti, i docenti, amministrativi ed educatori che risultano sospesi.