Rischio di rincari energetici e forniture a singhiozzo, altalena dei mercati, calo di esportazioni e importazioni: l’impatto sull’economia della guerra in Ucraina preoccupa le imprese, dalle quali arrivano appelli alle istituzioni per una risoluzione diplomatica del conflitto per evitare ripercussioni sul mondo produttivo europeo.
La preoccupazione immediata è lo stoccaggio ed il prezzo del gas, ma su questo fronte il Governo ha già assicurato sufficiente disponibilità per i prossimi mesi ed un nuovo intervento per ridurre i costi in bolletta qualora fosse necessario.
Le sanzioni Ue alla Russia
Le istituzioni si stanno intanto muovendo febbrilmente, Mario Draghi ha tenuto venerdì 25 febbraio in mattinata le comunicazioni al Parlamento sugli sviluppi del conflitto e sulle strategie economiche adottate, senza nascondere che al momento il dialogo con la Russia di Putin sembra impossibile.
La nostra priorità oggi deve essere rafforzare la sicurezza del nostro continente e applicare la massima pressione sulla Russia perché ritiri le truppe e ritorni al tavolo dei negoziati. Dal punto di vista militare, la NATO si è già attivata.
Il Consiglio europeo ha deciso un nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia che riguardano per prima cosa il settore economico e finanziario (dopo il divieto di rifinanziamento del debito sovrano sul mercato secondario e il congelamento di asset bancari, è in arrivo divieto di rifinanziamento per banche e imprese pubbliche in Russia, il blocco di nuovi depositi bancari dalla Russia verso istituti di credito UE, il blocco dei finanziamenti per nuovi investimenti in Russia e altre misure di controllo delle esportazioni).
Il pacchetto di sanzioni tocca anche i settori energia (per impedire trasferimento di tecnologie avanzate), trasporti (divieto di esportazione di tutti i beni e tecnologie aeree), beni a duplice uso nonché il controllo e il finanziamento delle esportazioni, la politica in materia di visti, ulteriori inserimenti in elenco di persone di cittadinanza russa e nuovi criteri di inserimento in elenco. Erano già state approvate prime misure, concentrate in particolare sul settore finanziario russo e sul blocco di esportazioni e importazioni dai territori separatisti.
La crisi energetica
La preoccupazione numero uno, ha spiegato Draghi alle Camera, è l’impatto sull’economia italiana ed in particolare sul mercato dell’energia. Il 45% del gas che importiamo proviene dalla Russia (il 27% dieci anni fa), con una deriva che Draghi definisce “un’imprudenza”: non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi anni. Non solo: abbiamo anche ridotto la produzione di gas italiano da 17 miliardi di metri cubi del 2000 a 3 miliardi di oggi, a fronte di un consumo nazionale rimasto costante.
L’obiettivo sul medio periodo, quindi, è quello di «procedere spediti sul fronte della diversificazione». In questo modo, si supera la vulnerabilità legata alla dipendenza dal mercato internazionale, evitando crisi energetiche.
Al momento, lo stoccaggio di gas in Italia è a un livello che generalmente abbiamo a fine marzo, siamo quindi indietro di un mese, in linea con quello che accade nel resto d’Europa. La fine dell’inverno gioca a nostro favore e permette di guardare ai prossimi mesi con fiducia. Ma per i prossimi anni bisogna migliorare la capacità di stoccaggio. Sul tavolo europeo c’è una proposta di stoccaggio comune, e il premier italiano si augura «che questa crisi possa accelerare una risposta positiva su questo tema».
Nel frattempo il Governo assicura a imprese e famiglie che gestirà al meglio l’eventuale crisi energetica, anche intervenendo nuovamente per calmierare il prezzo dell’energia.
I timori del Made in Italy
Oltre all’impatto sul osto dell’energia, le imprese temono per i legami commerciali con la Russia, fortemente connessi a settori chiave del Made in Italy.
Confindustria, segnala che l’1,5% delle esportazioni italiane e il 3% delle importazioni interessano proprio la Russia. In generale, il peso del mercato russo è sceso parecchio dal 2014, anno del precedente conflitto in Ucraina, terminato con l’annessione della Crimea alla Russia (e con sanzioni e contro sanzioni). Prima di questo conflitto, nel 2012-2013, la Russia era destinazione del 2,7% dell’export italiano e origine del 5,2% dell’import. Quote che si sono quindi dimezzate. Ancora: nel 2019 hanno esportato in Russia 11mila imprese industriali italiane, contro le 14mila nel 2012-2013. Il conflitto in corso, e le nuove sanzioni, rischiano quindi di rappresentare un nuovo shock per l’import/export dalla Russia. I settori interessati: arredamento, legno, abbigliamento, pelle, agricoltura, metalli.
Altri dati, in linea con quelli sopra riportati, arrivano da Confartigianato: dal 2013 al 2021 il calo delle esportazioni in Russia è stato quasi del 30%, e ha pesato in particolare su moda e macchinari. I settori italiani con la maggiore concentrazione di micro e piccole imprese (soprattutto alimentari, moda, mobili, legno, metalli) vendono in Russia prodotti per 2,684 miliardi di euro, pari al 34,9% delle nostre esportazioni nel Paese.
L’impatto sull’agricoltura
In allarme anche Cia-Agricoltori Italiani: l’Ucraina è il secondo fornitore di mais dell’Italia, fondamentale per gli allevamenti e in generale strategico per le filiere di prodotti zootecnici e bio-industriali. La guerra in Ucraina si aggiunge ai rincari già vertiginosi del prezzo del mais, prodotto su cui siamo particolarmente esposti alle crisi internazionali, con le importazioni estere passate in dieci anni dal 15 al 50%. Infine, preoccupazione anche sul versante export, dove le sanzioni hanno già azzerato le vendite di vino Made in Italy in Russia.
Concludiamo con un appello che arriva da Donne in Campo, l’associazione femminile di Cia-Agricoltori Italiani: «La crisi globale scatenata dalla pandemia – osserva la presidente, Pina Terenzi – deve portare a un cambiamento nella scala di valori, nel rifiuto deciso della sopraffazione e nella ricerca di equilibri duraturi. L’Unione Europea, nel suo sforzo di porsi alla testa del superamento della crisi può svolgere un ruolo importante per difendere gli equilibri nel continente europeo e riaffermare l’impegno per la pace e la prosperità».