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In pensione a 71 anni, le stime Ocse per l’Italia

di Alessandra Gualtieri

9 Dicembre 2021 10:00

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Report Ocse sulle pensioni future: penalizzazioni fino al 30% per lavoratori autonomi e carriere discontinue, età pensionabile ordinaria a 71 anni.

Chi entra nel mercato del lavoro in questi anni non ne uscirà prima dei 71 anni, età pensionabile stimata dall’Ocse nel nuovo report Pensions at a glance 2021. Questo dipende dai parametri utilizzati nel nostro Paese per determinare i requisiti per la pensione di vecchiaia, collegati alla speranza di vita tramite scatti di adeguamento e liquidando i trattamenti con un calcolo contributivo. Un sistema comune ad altri sei Paesi, che tuttavia porta l’età pensionabile ad essere tra le più alte oggi come in futuro, quando la media Ocse sarà di ben cinque anni inferiore. I dati di dettaglio sull’Italia sono forniti con relativa scheda annessa al report.

Età pensionabile, oggi e domani

In futuro, chi ha fatto ingresso nel mercato del lavoro nel 2020 a 22 anni andrà in pensione a 71 anni, con un tasso di sostituzione netto futuro dell’82% (per un dipendente con reddito medio). Ad oggi, invece, formule agevolate come Quota 100 e simili consentono una “scappatoia”, che abbassano la media nazionale a 61,8 anni contro i 63,1 anni della media Ocse. Una situazione che potrebbe permanere ancora alcuni anni grazie alla Quota 102 e alle altre forme di pensione agevolata anticipata (come Opzione Donna) ancora in vigore. In particolare:

negli ultimi due anni in Italia sono state prorogate opzioni di pensione anticipata che hanno aggirato la connessione tra attesa di vita e pensione.

L’Italia ha prorogato anche altre formule di pensione anticipata non ordinaria, come quelle previste dall’APE Sociale (riservata a disoccupati, disabili, caregiver, addetti a mansioni gravose) e gli scivoli pensionistici per aziende in ristrutturazione (isopensione).

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La spesa pensionistica in Italia, oggi e domani

Solo la Spagna, oltre all’Italia, permette una pensione piena prima con meno di 40 anni di contributi, garantendo un trattamento pensionistico lungo in media 22 anni per gli uomini e 26 anni per le donne. Tuttavia, questo incide pesantemente sulle finanze pubbliche. La spesa per le pensioni, secondo il report Ocse, in Italia è tra le più alte. Ma c’è da dire che i numeri comprendono tanto i trattamenti assistenziali quanto quelli previdenziali, condizionando anche le stime future, che vedono il costo delle pensioni in Italia raggiungere il 17,9% del PIL nel 2035 contro una media Ocse del 10%.

Importo delle pensioni, oggi e domani

L’importo delle pensioni in Italia è eterogeno, penalizzando le persone (donne soprattutto), con carriere discontinue e professioni autonome. Le aliquote contributive degli autonomi, infatti, sono inferiori di 1/3: i loro trattamenti pensionistici sanno inferiori del 30% rispetto a quelli dei dipendenti (media Ocse -25%). Di contro, l’Italia prevede un’elevata aliquota contributiva, pari al 33%, il che determina:

un elevato tasso di sostituzione netto dell’82% per i lavoratori con una carriera senza interruzioni e con salario medio, rispetto a un tasso medio Ocse del 62%.

Per chi si ritira a 68 anni (in uno scenario futuro, da qui a 50 anni circa), il tasso di sostituzione netto scende al 72%. Tuttavia, non è certo possibile attendersi tassi di sostituzione così elevati per tutti i lavoratori. Per fare un esempio, una lavoratrice che inizia a lavorare a 27 anni ma accumula nel tempo 10 anni di disoccupazione, prenderà una pensione inferiore del 27% rispetto a quella di una lavoratrice stabile.

La parentesi Covid

In Italia, il reddito dei pensionati si attesta attualmente a livelli che l’Ocse reputa “elevati”, in considerazione del fatto che il reddito medio degli ultrasessantacinquenni è simile a quello della popolazione totale. Anche durante la crisi Covid le pensioni non sono diminuite e i lavoratori in Cassa Integrazione hanno continuato a maturarne i diritti.

Adeguamento alle speranze di vita

Nei prossimi trent’anni (nel 2050), la quota di over 65 nell’intera platea dei soggetti in età lavorativa in Italia arriverà al 74% contro i 39,5 di oggi. Questo è dovuto all’incremento costante dell’età media nel Belpaese (“scossone Covid” a parte registrato nel 2020), che nel 2050 si attesterà sui 53,5 anni. Da qui la flessione della popolazione in età lavorativa, che entro il 2060 diminuirà del 31% in Italia contro un calo medio di appena il 10% negli altri paesi Ocse. L’incremento della quota di soggetti in età pensionabile da un lato prolunga il numero e la durata dei trattamenti a scapito delle casse dello Stato, dall’altro comporta un adeguamento del requisito anagrafico in base alla progressione Istat sulla speranza di vita.

In ultima analisi, dal report Ocse emerge come le future pensioni – a parità di sistema di calcolo applicato oggi – saranno ragionevolmente elevate per i lavoratori con una carriera senza interruzioni ma di molto inferiori per tutti gli altri.