Buone notizie per i pensionati: dal primo gennaio 2022 gli assegni previdenziali si rivalutano dell’1,7% diventando più sostanziosi. Il cedolino pensione diventa più pesante a causa dell’inflazione, il cui dato andamento è indicato nel decreto del 17 novembre 2021 del Ministero dell’Economia, il provvedimento che tutti gli anni stabilisce i valori di perequazione in base ai quali si calcolano e si aggiornano (in questo caso aumentano) le pensioni. Tra l’altro, per i trattamenti sopra quattro volte il minimo, scattano anche nuove aliquote più favorevoli perché si torna al meccanismo pre-Fornero, che era stato sospeso da una serie di nuove norme transitorie. Infine, viene disapplicato il taglio delle pensioni d’oro. Vediamo tutto.
Aliquote di rivalutazione
In base al citato decreto ministeriale, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 novembre, viene confermato che la variazione 2020-2021 è pari a zero (e quindi non ci saranno trattenute a conguaglio) mentre la rivalutazione ISTAT che si applica dal 2022 è dell’1,7% ed è riferita all’andamento dell’inflazione. La variazione percentuale ha effetto automatico dal 1° gennaio 2022, salvo conguaglio all’accertamento dei valori definitivi relativamente ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2021.
Le variazioni, per le pensioni alle quali si applica la disciplina dell’indennità integrativa speciale (di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni ed integrazioni), sono determinate separatamente, sull’indennità e sulla pensione.
Scaglioni di perequazione
Alla percentuale di rivalutazione stabilita annualmente in base all’indice dei prezzi, si applicano poi i meccanismi di perequazione. Che dal 2022 tornano a essere quelli contenuti nella legge 388/2000, ossia a tre scaglioni (100%, 90% e 75%), che in base al nuovo decreto fanno sì che dal primo gennaio 2022 le pensioni di rivalutino nel seguente modo:
- fino a quattro volte il minimo (2.062,32 euro) rivalutazione al 100%, quindi dell’1,7% (il 100% dell’1,7%);
- fra quattro e cinque volte il minimo (da 2.062,32 a 2.577,90 euro) rivalutazione al 90%, quindi dell’1,53% (il 90% di 1,7%);
- sopra cinque volte il minimo (sopra 2.577,90 euro) rivalutazione del 75%, quindi dell’1,275% (il 75% di 1,7%).
Molto in sintesi, per gli assegni fino a quattro volte il minimo non cambia nulla (la rivalutazione era già al 100%), mentre il meccanismo è più favorevole rispetto a quello applicato negli ultimi anni per gli assegni superiori a questa cifra, ai quali erano applicati cinque scaglioni dal 77 al 40%.
Esempi di calcolo
- pensione di 1500 euro lordi al mese: è intono al 3 volte il minimo, quindi si rivaluta dell’1,7%. Sono 25,2 euro in più al mese;
- pensione di 2mila euro lordi al mese: è ancora nella soglia delle quattro volte il minimo, quindi rivalutazione dell’1,7%. Sono 34 euro in più al mese.
- Pensione di 2mila 100 euro al mese: in questo caso, viene superata la soglia delle quattro volte il minimo, quindi la rivalutazione è dell’1,53%. Sono 32,13 euro di aumento al mese.
- Pensione di 2500 euro: anche qui, siamo fra quattro e cinque volte il minimo, quindi l’aliquota 2022 è di 1,53%. Aumento di 38,25 euro.
- Pensione di 2600 euro al mese: è sopra cinque volte il minimo, quindi l’aliquota è l’1,275%. Aumento 2022 di 33,15 euro.
- Pensione di 3mila euro al mese: sopra cinque volte il minimo l’aliquota è sempre la stessa, come detto all’1,275%. Aumento di 38,25 euro.
Taglio pensioni d’oro
Termina il 31 dicembre 2021 l’applicazione del regime sperimentale in base al quale è stato previsto negli ultimi tre anni non soltanto il blocco delle rivalutazioni ma anche un prelievo sulle cosiddette pensioni d’oro, ossia di importo superiore a 100mila euro lordi. La Corte Costituzionale ne ha legittimato l’applicazione ma soltanto per un periodo limitato, per terminando a fine 2021 fa sì che il taglio delle pensioni d’oro non si applichi più dal primo gennaio 2022.