La ripresa economica nell’era post-Covid è frenata dalla mancanza di competenze e professionisti qualificati, che le imprese faticano a reperire su tutto il territorio nazionale. Secondo il Focus Censis-Confcooperative, infatti, le aziende sono pronte ad assumere, tuttavia, mancano all’appello oltre 233mila profili professionali che rispondano a questa domanda di lavoro. La crescita del PIL nel 2021 potrebbe salire dal 5,9% al 7,1%, ma solo se le imprese riuscissero ad inserire tutto il personale richiesto.
Il mismatch
Il report “Mismatch, il grande gap da sanare. La ripresa c’è, i lavoratori no”, presentato dal presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, fa luce sul gap tra domanda e offerta di lavoro in Italia e sulla carenza di strumenti ad hoc per affrontare questo disallineamento: “va rilanciata la formazione di competenze che supportino i processi di cambiamento e appare fondamentale il protagonismo che possono assumere gli Istituti tecnici. La soluzione praticata in questi ultimi anni di tamponare l’insorgenza della povertà anche di chi è occupato è stata sacrosanta, ma senza affrontare alla radice il tema dell’occupabilità. Vanno migliorati gli strumenti di collocamento pubblici con l’aiuto dei privati”.
I posti vacanti
Stando agli ultimi dati ISTAT relativi al secondo trimestre di quest’anno, il tasso di posti vacanti supera la soglia del 2% nel comparto delle costruzioni (2,4%), nei servizi di informazione e comunicazione (2,1%) e nelle attività artistiche, sportive e di intrattenimento (2,1%). I valori sono simili nell’ambito delle attività di alloggio e ristorazione (2,3%), segnando un incremento di 0,4 punti rispetto al primo trimestre del 2021. A livello europeo, il job vacancy rate nel secondo trimestre 2021 è pari al 2,3% fra i paesi aderenti all’Euro, con un incremento rispetto allo stesso trimestre del 2020 dello 0,7%.
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Gli effetti sul PIL
La mancanza di 233.500 lavoratori nell’Industria e nei Servizi nel secontro trimestre 2021 vale l’1,2% di PIL: il potenziale valore economico annuale si aggira intorno ai 21 miliardi di euro, un “patrimonio” che resta escluso dal circuito economico. Se le imprese avessero potuto inserire nei loro organici questa forza lavoro, il PIL 2021 avrebbe rsuperato i 1.770 miliardi (partendo dalle stime OCSE), con ricadute positive sui livelli occupazionali e di reddito disponibile e sui tempi di ripartenza.
Le stime occupazionali
Per quanto riguarda le previsioni occupazionali, secondo l’Outlook realizzato da Manpower Group su un campione di datori di lavoro italiani il trend è positivo: il 43% degli intervistati ha in programma di aumentare il proprio organico, mentre solo il 18% pensa di ridurlo. I valori più alti si registrano per ristoranti e alberghi, finanza e servizi alle imprese, e nelle attività manifatturiere. Più indietro costruzioni e commercio. Le micro aziende con meno di 10 dipendenti mostrano però valori inferiori alla media.
La domanda di lavoro
Dai dati Linkedin al 20 settembre, su un totale di 153mila richieste di lavoro, il 57,8% è stato pubblicato nell’ultimo mese, il 16,1% nell’ultima settimana. In una settimana le richieste sono state 25mila, in un giorno circa 1.600. Il 42,2% delle offerte di lavoro riguarda figure di difficile reperimento.