La pace contributiva è una misura sperimentale istituita con l’ultima riforma pensioni che consente di riscattare periodi non coperti da contribuzione e che, salvo proroghe, dal 2022 non sarà più in vigore (la scadenza della sperimentazione è stata fissata al prossimo 31 dicembre 2021). Questo significa che c’è ancora poco tempo per sfruttare la possibilità di colmare rapidamente e con oneri agevolati eventuali buchi contributivi ai fini pensionistici tra un periodo e l’altro. Vediamo dunque quando e quanto conviene la pace contributiva.
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Pace contributiva: norma e requisiti
L’istituto del riscatto di periodi non coperti da contribuzione, ovvero la pace contributiva, è stata introdotta dai commi da 1 a 5, articolo 20 del DL 4/2019, convertito dalla Legge 26/2019. Ciò consente anche a coloro che hanno una carriera lavorativa discontinua con numerose interruzioni tra due lavori, una situazione nella quale sempre più persone e giovani si trovano spesso, vista la precarietà che caratterizza l’odierno mondo del lavoro, di andare in pensione prima. Con la pace contributiva infatti è possibile recuperare ai fini previdenziali i periodi con coperti da lavoro e contributi, guadagnando di conseguenza terreno in termini di anzianità contributiva necessaria ad accedere alla pensione ma anche in termini di importo dell’assegno previdenziale, soprattutto se la pace contributiva viene abbinata al riscatto laurea agevolato (misura strutturale).
Vincoli e requisiti pace contributiva
La pace contributiva può essere esercitata anche dai superstiti, superstiti e parenti od affini entro il secondo grado. Il tutto a patto di essere in possesso dei seguenti requisiti e di rispettare i seguenti vincoli:
- i lavoratori devono essere privi di anzianità al 31.12.1995, ovvero senza contributi versati prima del 1° gennaio 1996;
- si può chiedere di riscattare solo i periodi compresi tra la data di prima iscrizione alla previdenza (successiva al 31 dicembre 1995) ed il 28 gennaio 2019, data di entrata in vigore del DL n. 4/2019;
- il lavoratore può chiedere di riscattare tutti o parte dei buchi contributivi, nel limite massimo di 5 anni, anche non continuativi;
- i periodi da riscattare non possono essere coperti da contribuzione figurativa o accreditata ad altro titolo;
- l’accesso alla pace contributiva si può, per ora, chiedere solo entro il 31 dicembre 2021.
Pace contributiva: quando conviene?
Ora veniamo al nocciolo della questione: la pace contributiva conviene? Quando e quanto?
Primo elemento da notare: la norma si riferisce a coloro che rientrano nel sistema contributivo, dunque offre un vantaggio a coloro che necessitano di raggiungere rapidamente il requisito contributivo per la liquidazione della pensione e di anticipare l’uscita dal mondo del lavoro di qualche anno, oltre ad incrementare l’ammontare dell’assegno previdenziale, consentendo ad esempio di raggiungere la soglia di 1,5 o 2,8 volte l’assegno sociale richiesto ai futuri pensionati che rientrano nel sistema contributivo per andare in pensione di vecchiaia rispettivamente con 67 anni o 64 anni di età e almeno 20 anni di contributi.
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Nel calcolare quanto conviene la pace contributiva, al di là delle singole situazioni individuali in termini di anni e di anticipo della pensione e importo dell’assegno previdenziale, bisogna tenere conto anche di alcuni vantaggi fiscali introdotti con la norma:
- l’onere del riscatto di contributi previdenziali ai fini pensionistici può essere portato in detrazione al 50% con una ripartizione in cinque quote annuali di pari importo;
- l’importo può essere rateizzato (massimo 120 rate, di importo non inferiore a 30 euro), senza interessi. Questo a meno che i periodi di riscatto non vengano utilizzati per liquidare una pensione o per l’accoglimento di una domanda di autorizzazione ai versamenti volontari, nel qual caso il pagamento deve essere effettuato obbligatoriamente in un’unica soluzione.