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Basta Smart Working nella PA: Brunetta spiega perchè

di Alessandra Gualtieri

9 Settembre 2021 09:00

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Lo smart working emergenziale nel lockdown, senza contratto e infrastrutture, non è un modello per il futuro della PA: i chiarimenti del Ministro Brunetta.

Dopo le anticipazioni sulla imminente riduzione del ricorso allo Smart Working nella Pubblica Amministrazione, con un graduale ritorno in presenza dell’85% della forza lavoro statale (dotata di Green Pass), il Ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta ha chiarito i prossimi step e motivato tale decisione, rispondendo ad un question time alla Camera sulle iniziative volte a favorire il lavoro agile nella PA centrale e locale.

Per prima cosa, Brunetta ha spostato il focus dal modello alla sua applicazione: in Italia, il lavoro da remoto ha fornito una risposta immediata ed emergenziale al lockdown, adottando soltanto in parte la reale metodologia del lavoro agile. Nel caso italiano “costruita dall’oggi al domani, spostando l’organizzazione del lavoro pubblico a casa”.

Senza contratto, senza obiettivi e senza tecnologia, è lavoro a domicilio con uso di smartphone e di pc di casa. È un lavoro a domicilio all’italiana.

Brunetta ha rimarcato poi le criticità legate alla sicurezza informatica, citando il caso dell’attacco hacker al CED della Regione Lazio. Tanto più che il Ministero per l’Innovazione e la transizione digitale ha appena rilasciato la Strategia Cloud Italia, per una corretta migrazione verso il Cloud di dati e servizi digitali delle amministrazioni pubbliche italiane, in linea con le direttive del PNRR. Brunetta ha sintetizzato così: “stiamo lavorando all’interoperabilità delle banche dati, al cloud, a una base informatica digitale per essere in sicurezza”. Se dunque l’obiettivo è efficientare i sistemi standardizzando le infrastrutture alla base dei data center utilizzati dagli enti pubblici italiani, come si può pensare di affidarsialle reti domestiche dei singoli dipendenti per garantire efficienza e sicurezza per i servizi e i dati della PA?

La successiva obiezione riguarda i risultati durante la “sperimentazione” del lavoro da remoto durante i mesi di lockdown e soprattutto in quelli successivi. La scelta è stata dettata dalla volonta di non mettere anche i dipendenti pubblici in cassa integrazione per poter garantire i servizi pubblici essenziali, che però – alla resa dei conti – sono stati garantiti dagli operatori della sanità, della sicurezza e della scuola.

I dipendenti della PA in smart working non hanno garantito servizi pubblici essenziali.

Dunque, tirando le somme, dall’analisi di quest’ultimo “anno lavorativo” si può dire, ha spiegato Brunetta, che il il lavoro da remoto ha funzionato durante il lockdown laddove era già regolato, strutturato, con una piattaforma digitale già esistente.

Il lavoro da remoto ha funzionato laddove era già regolato.

Per Brunetta “il futuro è nel PNRR, nel 6% di crescita del Paese, che ha bisogno della PA in presenza, regolata, garantita in sicurezza e con un contratto”.