La riforma delle pensioni, legata a doppio nodo alle istanze politiche e sindacali ma anche alle linee guida tracciate nel PNRR in ottica di sostenibilità e contenimento della spesa, non produrranno quel significativo balzo che in linea teorica sarebbe necessario per ridefinire l’intero sistema previdenziale, visto che il Governo ha tracciato già importanti linee d’azione e definito gli ambiti d’investimento delle risorse europee, destinate ad altre riforme. L’unica speranza è quella di ritagliare risorse e misure affini nell’ambito della riforma degli ammortizzatori sociali, già in programma, con una copertura finanziaria da inserire in Legge di Bilancio 2022, con la discussione tra le parti che riprenderà a partire dal mese di settembre.
Pensioni in Legge di Bilancio 2022
Mettendo assieme le anticipazioni programmatiche del Premier Mario Draghi a margine della presentazione del Recovery Plan con le richieste delle parti sociali, e soprattutto con le limitate coperture economiche, si può ragionevolmente prevedere che la riforma delle pensioni interesserà soltanto alcune categorie di lavoratori ritenute più svantaggiate, potenziando probabilmente istituti e formule già esistenti. In fondo, anche la Quota 10o e l’APE Sociale erano state pesate per alcune fasce di popolazione. La differenza potrebbe essere adesso quella di rendere strutturali alcune attuali misure, come l’Opzione Donna e l’APE Sociale stessa, che al momento si trovano ad anelare quantomeno una proroga annuale. E poi le tutele pensionistiche per gli addetti a lavori gravosi e usuranti: in questo caso potrebbe esserci un’estensione della platea dei beneficiari. Per favorire l’inclusione previdenziale, inoltre, si punterà sicuramente all’incentivazione della previdenza complementare coinvolgendo categorie meno tutelate perché soggette a carriere discontinue, in primis i giovani.
Sempre in ottica di potenziamento di strumenti già esistenti, ci sarebbe a fine anno la scadenza della pace contributiva, ossia la possibilità di riscatto per la pensione di periodi non coperti da contribuzione, nella misura massima di 5 anni anche non continuativi (per dipendenti, autonomi e in gestione separata). A differenza del riscatto di laurea agevolato, questa opzione non è ancora strutturale e, seppur non la si può considerare una forma di pensione anticipata, consente comunque di agganciare prima il requisito, sulla stregua del cumulo gratuito istituito negli anni scorsi.
Come noto, sul tavolo di confronto tra Governo e parti sociali ci sono poi formule “più ardite” ma per questo più costose, che difficilmente possono sperare di trovare finanziamento nella Manovra 2022. Parliamo della Quota 41 per tutti (pensione anticipa con 41 anni di contribuzione, a prescindere dall’età) e della Quota 102 (pensione a 64 anni di età e 36 anni di contributi). Alla luce delle stime avanzate dall’INPS e dalla Corte dei Conti, per, è difficile pensare che il Governo possa, in questa delicata fase di contrasto agli effetti economici della crisi da Coronavirus, impegnarsi fortemente anche sul fronte pensioni, fortemente necessario (pensiamo alla pensione di garanzia per i giovani o alla separazione tra previdenza e assistenza) ma ritenuto meno prioritario rispetto ad altri. In Legge di Bilancio 2022 devono essere già reperite le risorse per la proroga al Superbonus 110%, tanto per dire.
E’ poco probabile che si possano reperire anche le coperture per una revisione integrale del sistema previdenziale italiano. E’ più facile pensare che si si orienterà verso azioni di contenimento del brusco scalone di 5 anni che si verrà a creare dopo il 31 dicembre 2021, quando andrà “in pensione” lo strumento per la flessibilità in uscita della Quota 100, e per ritirarsi dal mondo del lavoro si tornerà ai requisiti ordinari della Legge Fornero.
Riforma Pensioni: proposte sul tavolo
Al momento, i Sindacati hanno presentato al Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, una piattaforma unitaria di richieste in seno alla riforma delle pensioni 2022, rimarcando la possibilità di destinare alla riforma delle pensioni 2022 i potenziali risparmi di gettito generati da nuove misure di contrasto all’evasione fiscale (ma in realtà, a questo stesso scopo, c’è già in pole position la riforma IRPEF). In sintesi, queste sono le principali istanze condivise con il Ministero:
- pensione senza penalizzazioni per chi ha contributi prima del 1996, dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età (anche liquidando i trattamenti con il calcolo contributivo),
- innalzamento degli importi minimi per l’accesso ai diversi trattamenti oggi erogati (1,5 e 2,8 volte l’assegno sociale), che escludono i redditi bassi,
- modifica del meccanismo di adeguamento dei requisiti anagrafici alla speranza di vita, penalizzante anche per il calcolo dei coefficienti di trasformazione,
- svincolo della rivalutazione pensioni contributive alla media del PIL dell’ultimo quinquennio (la crisi Covid insegna),
- tutelare le pensioni dei più deboli (donne, giovani, disoccupati, invalidi, caregiver, gravosi o usuranti),
Quel che davvero si auspica, risorse a parte, è soprattutto la ripresa (con maggiore slancio) dei lavori delle attuali Commissioni di studio insediate presso il Ministero sulle mansioni gravose e sulla spesa previdenziale e assistenziale, per arrivare a proposte concrete che davano al di là delle semplici dichiarazioni di intenti.