L’unica certezza al momento è un rinvio: la riforma degli ammortizzatori sociali non riesce a decollare. Molto attesa in considerazione dello sblocco dei licenziamenti, non arriverà prima dell’autunno, in concomitanza con il termine della cassa integrazione Covid. Il timing del Governo slitta quindi da fine luglio a dopo la pausa estiva. L’ipotesi più probabile vede la riforma inserita nella prossima Legge di Bilancio. Quella degli ammortizzatori sociali non è l’unica riforma che slitta: anche il riordino del Fisco, per il quale si aspettava un ddl del Governo entro fine luglio, non è stato messo a punto. In cantiere c’è infine la riforma pensioni, al centro di un tavolo fra le parti sociali. Tutti e tre questi capitoli, fisco, lavoro e previdenza, si riapriranno a ottobre: inseriti in Legge di Bilancio 2022 o come decreti collegati alla manovra economica.
Riforma ammortizzatori
La riforma degli ammortizzatori sociali è prevista dal PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza):
perché il PNRR possa produrre benefici durevoli in termini di produttività e di qualità e quantità dell’occupazione prodotta, occorrono interventi per migliorare strutturalmente la performance del Paese in termini di funzionamento del mercato del lavoro.
Il suo scopo è «semplificare le procedure di erogazione» e «ampliare l’ambito dei destinatari degli interventi di sostegno al reddito», arrivando a «definire un sistema di ammortizzatori sociali più equo, sostenibile e capace di far fronte alle trasformazioni, nonché alle instabilità del mercato del lavoro supportando le transizioni occupazionali e attenuando l’impatto sociale delle crisi».
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Su questo fronte, l’impegno è «mettere a sistema l’ampliamento del campo di applicazione delle prestazioni assicurative in costanza di rapporto, garantendo a tutti i lavoratori specifici trattamenti ordinari e straordinari di integrazione salariale, differenziando durata ed estensione delle misure di sostegno al reddito sulla base delle soglie dimensionali dell’impresa e tenendo conto delle caratteristiche settoriali, con un rafforzamento della rete di sicurezza sociale contro la disoccupazione e inoccupazione, implementando le protezioni dei lavoratori discontinui e precari». Traduzione: estensione della cassa integrazione, anche alle imprese attualmente escluse per dimensioni (le piccole imprese) o per settore di appartenenza (il commercio e i servizi non hanno la CIG ordinaria).
In generale, anche per tutelare chi è senza lavoro, si va verso un ammortizzatore universale, che superi l’attuale frammentazione (in parte ricomposta con la NASpI che ha sostituito i precedenti sussidi e l’indennità di mobilità). Si studia anche un sistema di tutele per i lavoratori autonomi e politiche di sostegno al reddito sempre più legate alle politiche attive, per inserire o re-inserire le persone nel mercato del lavoro. La griglia resta quella descritta, il dibattito all’interno della maggioranza e fra le forze sociali si concentra sugli strumenti attuativi e sulle risorse. Anche per questo sembra probabile che si rimandi tutto alla Legge di Bilancio 2022.
Altre riforme in stallo
Stessa previsione per la riforma fiscale, anch’essa considerata di accompagnamento al PNRR, e per quella della previdenza (riforma pensioni), che deve arrivare entro la fine dell’anno per evitare il cosiddetto “scalone” determinato dalla fine della Quota 100: lo strumento, che ad oggi consente ancora di ritirarsi con 62 anni e 38 di contributi, scade il 31 dicembre 2021, di conseguenza dal primo gennaio (in mancanza di nuove disposizioni) resterebbero solo la forma ordinaria di pensione anticipata (che richiede 42 anni e dieci mesi di contributi agli uomini e 41 anni e 10 mesi alle donne) oppure la pensione di vecchiaia (a 67 anni). In entrambi i casi, uno “scalone”, ovvero una differenza di cinque anni per maturare il requisito rispetto alle attuali regole.