La fondazione che svolge attività commerciale non rientra tra gli organismi senza scopo di lucro ammessi al credito d’imposta previsto dal decreto “Rilancio” in relazione alle spese sostenute per l’adeguamento degli ambienti di lavoro alle misure anti-Covid (associazioni, fondazioni e altri enti privati, compresi quelli del terzo settore), né può usufruire del tax credit se non opera in uno dei settori con codice Ateco ammessi: lo precisa l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 432 del 23 giugno.
Il bonus disciplinato dall’articolo 120 del Dl n. 34/2020 prevede un credito d’imposta pari al 60% dei costi sostenuti nello scorso anno, fino a un massimo di 80mila euro, destinato agli esercenti attività d’impresa, arte o professione in determinati luoghi aperti al pubblico (alberghi, bar, terme, musei, teatri, ecc.). Le spese per le quali è riconosciuto il beneficio sono suddivise in due gruppi: interventi agevolabili (es.: messa in sicurezza degli edifici) e investimenti (acquisto di strumenti e tecnologie per lo svolgimento dell’attività lavorativa).
Il quesito riguardava alcuni investimenti per la didattica a distanza e lo smart working (software, licenze, laptop, eccetera) e ritiene di poter beneficiare, per le spese sostenute al riguardo, del credito d’imposta riconosciuto dal decreto “Rilancio”, in caso di investimenti di “carattere innovativo quali lo sviluppo o l’acquisto di strumenti e tecnologie necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa”.
Possono infatti beneficiare dell’agevolazione anche gli organismi che non esercitano, in via prevalente o esclusiva, un’attività d’impresa in base ai criteri stabiliti dall’articolo 55 de Tuir, anche se non svolgono una delle attività individuate dalla misura agevolativa aperte al pubblico.