«Il nostro obiettivo è superare in maniera duratura e sostenibile quei tassi di crescita anemici che l’Italia registrava prima della pandemia»: nelle comunicazioni al Parlamento in vista del Consiglio UE del 24 e 25 giugno, il premier Mario Draghi ha illustrato le sfide per l’economia che l’Italia e l’Europa devono fronteggiare a partire da questo secondo semestre 2021, contrassegnato (si spera) dal ritorno alla normalità dopo la pandemia Covid. La considerazione di base è che la crescita sarà ancor più sostenuta di quanto non prevedano al momento le stime, che danno il PIL italiano 2021 e 2022 al 4,2% e 4,4%, in linea con il resto dell’Unione Europea. Di seguito, i numeri che indicano una ripresa più sostenuta delle previsioni.
- Fiducia di imprese e consumatori: gli ultimi dati, riferiti al mese di maggio, sono in marcato aumento. Nel dettaglio, l’indice ISTAT sulla fiducia dei consumatori è salito da 102,3 a 110,6, e quello sulla fiducia delle imprese da 97,9 a 106,7. «Il dato per le imprese, in particolare, è in forte accelerazione rispetto alla tendenza positiva degli ultimi mesi, ed è il più alto dal febbraio 2018», sottolinea il presidente del Consiglio.
- Commercio estero: è ripartito, nel mese di aprile «le esportazioni sono cresciute notevolmente non solo rispetto all’anno scorso, quando il loro livello era stato eccezionalmente basso, ma anche rispetto a due anni fa, segnando un +7,4%».
- Produzione industriale: sempre ad aprile, è salita dell’1,8% rispetto a marzo.
In sintesi, «la fiducia sta tornando», ma per sostenere una crescita duratura «è fondamentale mantenere a livello europeo una politica di bilancio espansiva nei prossimi mesi». Come fare? «Durante la pandemia, abbiamo impiegato risorse ingenti per proteggere la capacità produttiva della nostra economia. Ora dobbiamo assicurarci che la domanda aggregata sia in grado di soddisfare questi livelli di offerta». Ancor più in sintesi: «abbiamo protetto la capacità produttiva durante la pandemia, protetto i posti di lavoro, protetto le persone. Ora si tratta di proteggere la crescita della domanda».
=> Crescita post Covid: imprese ottimiste
Dunque la ricetta è spingere la domanda per sostenere l’offerta già in ripresa. E qui si inserisce la considerazione sull’entità della crescita, strettamente legata a una questione tradizionalmente delicata per l’economia italiana, quella del debito. «Raggiungere tassi di crescita notevolmente più alti di quelli degli ultimi decenni ci permetterà anche di ridurre il rapporto tra debito e prodotto interno lordo, che è aumentato di molto durante la pandemia. Come per altro in tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea». Quindi, stimolare la crescita significa anche ridurre il debito (è il contrario delle politiche di austerity praticate in passato, che per ridurre il debito puntavano sui tagli). E consente «di creare nuovi tipi di lavoro e posti di lavoro, fondamentali per affrontare le transizioni, quella digitale e quella ambientale». Si può aggiungere che questi due aspetti, il digitale e l’ambiente, sono fra l’altro al centro del Recovery Plan italiano, appena approvato dall’Europa.
In questo quadro, però, «permangono alcuni rischi». Il primo è la pandemia, che bisogna continuare a monitorare per impedire che nuove varianti e peggioramento del rischio contagio possano frenare riaperture, investimenti, consumi. Ma ci sono anche elementi più strettamente legati alle politiche economiche.
- Inflazione: il premier lo definisce «il secondo potenziale pericolo». Nell’area euro ha raggiunto il 2% a maggio dopo l’1,6% ad aprile. «C’è largo consenso che, a oggi, questo aumento sia temporaneo perché legato a un recupero della domanda, a strozzature dell’offerta e a effetti contabili». L’inflazione cosiddetta “core”, depurata quindi dalle componenti maggiormente volatili, come l’energia, «rimane molto bassa nella zona euro, anche se è in crescita negli Stati Uniti». E’ comunque fondamentale «mantenere alta l’attenzione affinché le aspettative di inflazione restino ancorate al target di medio termine».
- Europa – Usa: bisogna monitorare con attenzione anche il rischio di una divergenza tra l’economia della zona euro e quella statunitense, e le implicazioni che questa avrebbe per la politica monetaria europea e della Federal Reserve» (la banca centrale Usa).
- Debito: nel 2020 il rapporto debito-Pil nell’UE è salito di 16,7 punti percentuali, in Spagna di 25,7, in Francia di 18,5 in Italia di 15,8 punti. Qui, bisogna fare due cose: una politica di bilancio espansiva, «per preservare ritmi di crescita sostenuti che, a loro volta, permetteranno di ridurre l’indebitamento». Ma anche, nel medio e nel lungo termine, un impegno di tutti i Governi Ue «a tornare a una politica di bilancio prudente, una volta che la crescita sarà di nuovo sostenibile». Questo serve per «rassicurare gli investitori, prevenire eventuali rialzi dei tassi d’interesse, e dunque favorire gli attuali programmi di investimenti».
- Coesione sociale e sostenibilità ambientale: «le fasi di ripresa dalle crisi precedenti hanno spesso favorito solo alcune fasce della popolazione, penalizzando i meno abbienti, i più giovani e le donne». E «non abbiamo prestato la dovuta attenzione alla crisi climatica, che colpisce soprattutto le aree più fragili del nostro Paese». Draghi dice chiaramente che «questa volta dobbiamo agire diversamente». Come? Per esempio, attraverso politiche attive del lavoro efficaci, per aiutare chi ha bisogno di formazione per trovare un nuovo impiego.
=> Recovery Plan: entro luglio 25 miliardi per il PNRR “Italia Domani”
Fondamentale per tutta l’Europa è il Next Generation EU, il programma per la ripresa nell’ambito del quale tutti gli Stati hanno presentato i proprio Recovery Plan, finanziati da Bruxelles. «L’approvazione del Piano italiano da parte della Commissione, confermata dalla presidente von der Leyen durante la sua visita di ieri a Roma, conferma il grande lavoro svolto dal nostro Paese». Ma siamo soltanto al primo passo. «Nei prossimi mesi ci aspetta un cammino impegnativo, per avviare i progetti di investimento previsti e per portare avanti l’agenda di riforme». Il PNRR italiano è, fra tutti quelli europei, «il programma più di sostanza, più grande, per un importo pari a 191,5 miliardi di euro, a cui si aggiungono i 30 miliardi del fondo complementare». Quindi, l’Italia ha un ruolo fondamentale nell’ambito di Next Generation EU.
Il quadro generale resta quello della lotta alla pandemia, che va perseguito a livello internazionale migliorando «la preparazione globale a future pandemie sulla base delle lezioni apprese durante questa crisi sanitaria». «L’Italia, come tanti altri Paesi, si è trovata impreparata all’arrivo del Covid-19. Non bisogna, non possiamo permetterci che questo accada di nuovo».