A distanza di anni da quando è stato istituito il Fondo per il sostegno dei caregiver riconoscendone il valore sociale ed economico, le associazioni di categoria si interrogano sulla sua funzionalità, ripercorrendone storia e punti critici. Il Fondo è stato istituito con la Legge 205/17, la stessa che ha definito il caregiver familiare come la persona che assiste e si prende cura di un soggetto che a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non è autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé. Il soggetto assistito deve essere riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza e continua di lunga durata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della Legge 104/1992, o titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18. Può trattarsi del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di un familiare entro il terzo grado.
Il Fondo Caregiver, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è finalizzato al sostegno del caregiver familiare. La dotazione inizialmente prevista era di oltre 68 milioni di euro: 44.457.899,00 euro complessivamente per gli anni 2018 e 2019, più 23.856.763,00 euro per l’anno 2020. Risorse che però non sono state erogate, per via dell’impossibilità di individuare una platea esatta dei caregiver beneficiari. A questo si è aggiunto il fatto che la Legge che va a tutelare i caregiver, inserendo questa figura all’interno della rete integrata di servizi – riconoscendone il ruolo, i sostegni ma anche le coperture previdenziali – è ancora ferma in Senato, dunque i diritti economici e sociali restano congelati, rimanendo confinati alla sola area di applicazione della Legge 104.
Un purgatorio dantesco, che gioca con termini e definizioni ma lascia intatta la sostanza.
E’ la denuncia dell’AISLA-Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica. Una responsabilità spossante che si carica di perdita di professionalità, isolamento sociale, usura del reddito e della salute (2009, Elizabeth Blackburn Premio Nobel per la Medicina). Ma c’è di più. Tutti gli studi concordano sul valore sociale ed economico connesso ai vantaggi che trae l’intera collettività dal lavoro dei caregiver familiari (10 miliardi di euro di risparmio socio-sanitario).
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Il 22 gennaio 2021 è stato finalmente pubblicato in GU, il Decreto del 27 ottobre 2020, contenente i “Criteri e modalità di utilizzo delle risorse del Fondo per il sostegno del ruolo di cura e assistenza del caregiver familiare per gli anni 2018-2019-2020” che destina alla Regioni le somme disponibili sul Fondo “per interventi di carattere sperimentale anche tenuto conto della contingente situazione emergenziale”. Alle Regioni, 60 giorni di tempo per presentare le linee di indirizzo. Un tempo, evidenzia l’AISLA, determinato e raccomandato dall’esplicito riferimento alla “situazione di profondo disagio sociale ed economico che si è verificata nel corso della fase più acuta dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 e che continuerà a produrre effetti anche nelle fasi successive”.
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Poche Regioni hanno dato un riscontro, molte ancora non hanno dato indicazioni.
Come ricorda l’AISLA, l’invito è stato raccolto soltanto dalla Lombardia, Campania, Marche e Molise. L’azione di monitoraggio registra l’attivazione di Lombardia, Lazio, Calabria, Marche, Sardegna, Piemonte, Toscana, Friuli. In linea di massima tutte prevedono un’erogazione del contributo in denaro.
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Le proposte AISLA
AISLA propone:
- di sommare al contributo una cifra aggiuntiva per le famiglie che hanno minori;
- per il futuro, che al momento non ha adeguati fondi stanziati, di prevedere un programma di formazione per assistenti alla persona che siano competenti e che possano, concretamente, integrarsi con il caregiver familiare;
- di vedere riconosciuti almeno i contributi figurativi, ipotesi che per ora non è stata nemmeno presa in considerazione dall’INPS, a fronte del fatto che quelle attualmente previste sono misure residuali e non strutturali, differenziate a seconda del territorio, che saranno erogate con un contributo che si aggira, mediamente, sui 300 euro mensili a valere per un solo anno (cumulo delle 3 annualità);
- di fornire ai caregiver familiari un attestato di competenze, dando loro una qualifica professionale, ampiamente guadagnata sul campo, che possa riqualifarli per un reinserimento nel mondo lavorativo;
- di guardare a ciò che avviene in altri Paesi europei, dove i caregiver possono contare su diverse forme di tutela. Ad esempio:
- in Germania il sistema sanitario-assicurativo dà diritto a contributi previdenziali, se l’assistenza supera le 14 ore alla settimana, e a una sostituzione domiciliare in caso di malattia;
- la Francia concede forme di assicurazione contro gli infortuni e di previdenza ai caregiver, che in diversi casi hanno diritto pure a un’indennità giornaliera;
- in Spagna i caregiver continuano a recepire contributi anche in caso di interruzione del proprio lavoro;
- la Grecia dà diritto, al caregiver familiare, al prepensionamento dopo 25 anni di contributi versati.