Riforma ammortizzatori sociali e blocco licenziamenti a un bivio

di Barbara Weisz

3 Giugno 2021 13:58

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Lavoro e ammortizzatori sociali verso la riforma, blocco dei licenziamenti sotto la lente: scettica la UE, contraria Confindustria, favorevoli i Sindacati.

Conto alla rovescia per la bozza di riforma degli ammortizzatori sociali, annunciata dal Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, entro luglio: prevista tra i progetti complementari al PNRR, sarà discussa con le parti sociali nei prossimi mesi e varata entro fine 2021 nell’ambito della Legge di Bilancio per il 2022. Nel frattempo, prosegue il dibattito sul blocco dei licenziamenti nel Decreto Sostegni Bis, in base al quale lo stop resta per tutte le imprese fino al 30 giugno, per le aziende che utilizzano il FIS o la cassa in deroga fino al 30 ottobre, per le altre (industria ed edilizia) solo se chiedono la cassa ordinaria dal primo luglio e per tutta la durata della CIG, in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2021. In cambio, c’è l’esonero dal contributo addizionale (previsto dall’articolo 5 del dlgs 148/2015).

Il parere UE

Sul blocco dei licenziamenti esprimono forti perplessità non soltanto gli imprenditori ma anche la Commissione UE, che ritiene la misura poco efficace. D’altro canto i nuovi ammortizzatori e il freno ai licenziamenti sono strettamente connessi: da un lato per l’esigenza di tutelare i lavoratori dal rischio concreto di perdere il posto da qui ai prossimi mesi, dall’altro perché le politiche attive consentono di ricollocarsi nel mercato. E su questo fronte insiste anche Bruxelles, per voce di Nicolas Schmit, commissario UE al Lavoro:

Non si può congelare per un lungo periodo il mercato del lavoro. Ma si deve facilitare la transizione.

La soluzione indicata: «un mercato del lavoro più attivo», che punti sulla «riqualificazione delle competenze». Fra gli strumenti, il Recovery Plan, che nella UE dovrebbe produrre l’1,2% di PIL entro la fine dell’anno, creando 800mila posti di lavoro.

Sindacati e imprese: le richieste

Certo però, come sottolinea la Cgil, al momento il lavoro resta un’emergenza. Ad aprile l’ISTAT rileva timidi segnali di ripresa ma non a livello strutturale: il tasso di occupazione registra un minimo incremento dello 0,1%, mentre la crescita della disoccupazione segna +3,4%. Il saldo dei dipendenti è positivo (+7 mila), quello sul lavoro indipendente è negativo (-184 mila), ma è anche vero che i dipendenti permanenti calano di 222mila unità mentre crescono i contratti a termine (+229mila unità). La proposta è dunque quella di condizionare gli investimenti alla crescita di occupazione di qualità, prolungando il blocco dei licenziamenti e accelerando il confronto sulla riforma degli ammortizzatori e delle politiche attive. Sulla stessa linea la Cisl: modificare il Sostegni Bis, rafforzare le misure di protezione e promozione del lavoro, affiancare il divieto di licenziare al potenziamento delle tutele passive ed attive del lavoro, che devono diventare universali per consentire a tutti riqualificazione, sostegno al reddito e ricollocazione.

Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ricorda che il blocco dei licenziamenti è una misura anti Covid adottata unicamente in Italia: «siamo col blocco da febbraio 2020». Confartigianato commenta positivamente il contratto di rioccupazione, accompagnato dallo sgravio contributivo di 6 mesi, ma insiste per avviare rapidamente le riforme e i progetti del PNRR, anche a misura di micro e piccole imprese.

Ammortizzatori: la riforma Orlando

E veniamo alla riforma degli ammortizzatori sociali. Come detto, si attende un testo elaborato dal ministero per il prossimo mese di luglio. In base al PNRR, la riforma deve «semplificare le procedure di erogazione e ad ampliare l’ambito dei destinatari degli interventi di sostegno al reddito», definire «un sistema di ammortizzatori sociali più equo, sostenibile e capace di far fronte alle trasformazioni, nonché alle instabilità del mercato del lavoro supportando le transizioni occupazionali e attenuando l’impatto sociale delle crisi». Fondamentali «il potenziamento e la razionalizzazione del sistema delle politiche attive», anche nell’ottica della formazione di nuove competenze, e «l’attivazione di significative azioni di politica industriale verticale e selettiva basate su investimenti pubblici». Fra gli strumenti, «allargare la platea delle aziende e dei lavoratori ammessi ai trattamenti di cassa integrazione guadagni, in modo da costruire una rete di protezione più estesa, inclusiva e resistente alle crisi congiunturali», elaborare un sistema di tutele per i lavoratori autonomi, politiche di formazione.