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Riforma Pensioni 2022: le ipotesi gettonate e quelle scartate

di Noemi Ricci

24 Maggio 2021 12:32

Riforma pensioni: ecco le ipotesi che prendono piede per sostituire Quota 100 e uelle per il momento archiviate o meno sostenibili.

In vista dell’addio definitivo a Quota 100 a dicembre prossimo, da mesi si fanno avanti nuove proposte volte a garantire flessibilità in uscita ai lavoratori prossimi alla pensione. Con il cambio di Governo i negoziati si sono fermati, ed anche le proposte che sembravano ormai prossime al varo hanno subito una brusca frenata. Ad oggi non c’è ancora la convoca dei sindacati da parte del Ministro Orlando, che presumibilmente rimanderà i tavoli al dopo riforma degli ammortizzatori sociali, prevista per luglio. Dunque, si profila un autunno caldo con la ripresa della concertazione in vista della chiusura d’anno, con le prime misure di riforma pensioni quasi certamente annesse o collegate alla Legge di Bilancio 2022.

La necessità di garantire formule di uscita anticipata, soprattutto con la crisi del mercato del lavoro dovuta al Covid, resta però quanto mai attuale e prioritaria. Questo punto resta dunque uno degli elementi chiave allo studio di Governo e le parti sociali per la prossima riforma pensioni. Tra le più accreditate ci sono:

  • Quota 41 di contributi senza un requisito anagrafico, accessibile a tutti i lavoratori;
  • Quota 102 con almeno 64 anni e 38 anni di contributi;
  • Quota 92 62 anni di età con 30 anni di contributi, riservata però solo a chi svolge lavori gravosi e alle lavoratrici donne, a patto di accettare il calcolo interamente con il sistema contributivo del trattamento previdenziale;
  • lo scivolo Orlando, potenziando i contratti di espansione per mandare in pensione su base volontaria i lavoratori fino a 5 anni prima (60 mesi) rispetto ai requisiti ordinariamente richiesti per la pensione di vecchiaia o anticipata;
  • lo scivolo Brunetta, riservato ai lavoratori del pubblico impiego con almeno 62 anni di età.

Proposte e ipotesi di Riforma pensioni scartate

Ma quali sono invece le ipotesi che per il momento sono state scartate? La prima ipotesi scartata, ormai ufficialmente, riguarda l’introduzione di una proroga per Quota 100. La seconda ipotesi che sembra non essere più presa molto in considerazione è la penalizzazione per chi va in pensione anticipata con il ricalcolo interamente contributivo, che comporta un taglio di un terzo dell’assegno lordo e di un quinto di quello netto e piace poco ai sindacati. Si pensa invece di introdurre un meccanismo di penalizzazione per ogni anno di uscita in anticipo dal mondo del lavoro. Cesare Damiano, ex deputato del Pd, ipotizzava un 2% annuo. Per fare un confronto: andando in pensione con tre anni di anticipo, con questo meccanismo, si sarebbe un taglio dell’assegno fino al 6%, con il ricalcolo contributivo il taglio arriverebbe al 30%. Ovviamente al crescere degli anni da ricalcolare col metodo contributivo il taglio diventa più consistente. Con una penalizzazione che grava fortemente soprattutto sui lavoratori part-time.

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Ipotesi che per ora sembra scartata, perché ritenuta troppo costosa, è quella che continua ad essere proposta dalla Cgil: «Noi continuiamo a proporre un’uscita per tutti dai 62 anni e senza ricalcolo, prevedendo aiuti per donne, lavoratori discontinui, precoci, gravosi e usuranti», afferma il segretario confederale, Roberto Ghiselli. Stesso discorso per la proposta del presidente INPS, Pasquale Tridico, per un’uscita anticipata a 62-63 anni solo con parte contributiva, per poi aggiungere la retributiva in seguito: «si permetterebbe a 62-63 anni di uscire dal lavoro con la parte contributiva mentre quella retributiva si otterrebbe al raggiungimento dei 67 anni. Garantirebbe il principio della sostenibilità dei conti e si potrebbe legare anche a idee di permanenza sul lavoro a orario ridotto visto che il ministro Orlando ha parlato di staffetta generazionale». Tridico propone anche di prevedere una misura per i soggetti fragili e in particolare per gli immunodepressi oncologici: «a 62-63 anni si potrebbe prevedere uno scivolo aggiuntivo rispetto all’APe sociale».