Le motivazioni che spingono le imprese ad utilizzare servizi in outsourcing riguardano la riduzione e la flessibilizzazione dei costi seguiti da un accesso a professionalità e competenze, mentre i benefici che si riscontrano successivamente dopo averli utilizzati sono la visibilità e il controllo dei costi e la focalizzazione sul core business.
È questo uno dei risultati a cui giunge la Ricerca 2006-2007, presentata nel corso di un convegno della scorsa settimana, dell’Osservatorio Permanente, attivo dal 2005 per iniziativa della School of Management del Politecnico di Milano, con la collaborazione di AUSED e Club TI. Si tratta del secondo rapporto sul tema dell’ “ICT Strategic Sourcing: la sfida della complessità tra efficienza e innovazione” che ha l’obiettivo di monitorare le scelte di ‘make or buy’ nell’ambito ICT in Italia e di identificare gli strumenti e i modelli di supporto al management.
La ricerca è stata rivolta ad un campione di 252 imprese, analizzando 40 casi di studio rappresentativi di diversi settori aziendali. In particolare, dall’indagine è emersa una eterogeneità nello scegliere tra ‘make or buy’ e nelle modalità di gestione delle relazioni con i fornitori, giustificata dalla presenza di modelli differenti di governance e di organizzazione dell’ICT e dalla diversa visione che ne hanno gli imprenditori.
I ricercatori giungono alla conclusione che non esiste una sola via all’ICT outsourcing in quanto non esiste una sola ICT: da una parte si assiste ad una standardizzazione delle applicazioni ICT, dall’altra, invece, l’ICT è vista come un fattore differenziante nei processi e nei modelli di gestione. La soluzione, secondo l’Osservatorio, consiste nel passare dall’Outsourcing all’ICT Strategic Sourcing, ossia un processo che tenta di migliorare e valutare costantemente le attività principali di un’azienda.