Sulla regolarità delle domande di contributo a fondo perduto di cui al Decreto Sostegni, l’Agenzia delle Entrate effettua controlli in due fasi: una prima verifica formale prima di accettare la richiesta di indennizzo e successivi accertamenti che seguono il riconoscimento del ristoro (come accredito su IBAN o come credito d’imposta). Nel caso emerga il mancato diritto all’indennizzo, scattano sanzioni. Vediamo dunque come funziona esattamente il sistema dei controlli sulle domande per i contributi a fondo perduto alle imprese e Partite IVA, prima e dopo l’erogazione del ristoro.
Controlli di regolarità
La prima fase di verifica si inserisce nel procedimento di trasmissione della domanda. Dopo l’invio, viene fornito al richiedente un protocollo telematico (da memorizzare perché consente, anche successivamente, di risalire al documento) e il sistema effettua una serie di controlli formali: vengono verificati elementi come il codice fiscale, la partita IVA, la corretta compilazione di tutti i campi obbligatori.
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Questa operazione determina la presa in carico, oppure lo scarto della domanda. Viene inviata specifica ricevuta (di scarto o presa in carica), nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate, alla sezione “ricevute” e, nel portale Fatture e Corrispettivi, al link “Invii effettuati” nella sezione “Contributo a fondo perduto“.
Istruttoria
Dopo l’invio della ricevuta di presa in carico vengono verificati una serie di elementi come la coerenza dei dati, la corrispondenza del codice fiscale con l’intestatario o cointestatario dell’IBAN indicato. Queste verifiche possono richiedere qualche giorno. Al termine viene emessa una nuova ricevuta, che è sostanzialmente la risposta definitiva all’istanza. Può essere di accettazione o scarto oppure di sospensione, nel caso in cui emerga l’esigenza di effettuare ulteriori controlli. Nel caso di scarto o sospensione, è indicata la motivazione, e il richiedente può eventualmente trasmettere una nuova domanda corretta, sempre entro il termine ultimo di presentazione fissato al 28 maggio 2021.
Sospensione per verifiche
La Guida delle Entrate chiarisce alcuni dei motivi più frequenti che possono determinare la sospensione della domanda: verifiche sulle dichiarazioni dei redditi 2020 (per esempio, assenza di dichiarazione, dichiarazione con ammontare di ricavi o compensi superiore a quello inserito nell’istanza), oppure sulle Comunicazioni di Liquidazione Periodica IVA, o sulle dichiarazioni IVA riferite agli anni 2019 e 2020, o ancora sui dati acquisiti dall’Agenzia delle entrate mediante i processi di fatturazione elettronica e dei corrispettivi telematici (come l’ammontare medio mensile delle operazioni attive dichiarati inferiori a quelli riportati in istanza).
In caso di esito positivo viene emesso il mandato di pagamento, o il riconoscimento del credito d’imposta (per chi ha scelto questa opzione). L’esito di questa elaborazione è esposto al link “Consultazione esito” nella sezione “Contributo a fondo perduto” del portale “Fatture e Corrispettivi”. In un momento successivo il sistema mette a disposizione la ricevuta di scarto o di riconoscimento del contributo nella sezione “Ricevute” nell’area riservata del sito dell’Agenzia e al link “Invii effettuati” nella sezione “Contributo a fondo perduto” del portale “Fatture e Corrispettivi”.
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Accertamenti fiscali
La seconda fase dei controlli avviene dopo che il contributo è stato versato, o riconosciuto come credito d’imposta. Vengono applicate le stesse regole previste per l’accertamento delle dichiarazioni dei redditi, e ulteriori controlli in relazione ai dati fiscali delle fatture elettroniche e dei corrispettivi telematici, delle comunicazioni di liquidazione periodica IVA, delle Dichiarazioni IVA e Redditi.
Infine, vengono effettuate le verifiche specifiche per la prevenzione dei tentativi di infiltrazioni criminali, e vengono inviati i dati su domande e contributi versati alla Guardia di finanza per le attività di polizia economico-finanziaria.
Se in seguito a questi controlli viene rilevato che il contributo non spettava, scattano la restituzione e le sanzioni, che vanno dal 100 al 200% (articolo 13, comma 5, del decreto legislativo 471/1997), senza possibilità di definizione agevolata. Si applicano inoltre la pena prevista dall’articolo 316-ter del Codice penale in materia di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, che prevede la reclusione da sei mesi a tre anni, oppure (se l’importo del contributo è inferiore a 4mila euro), la sanzione amministrativa da 5.164 euro a 25.822 euro, con un massimo di tre volte il contributo indebitamente percepito. Se il contributo è già stato versato, si procede alla confisca in base all’articolo 322-ter del Codice penale.
Attenzione: se l’impresa o la Partita IVA si accorgono di aver indebitamente percepito il contributo, possono regolarizzare la propria posizione prima dei controlli, anche dopo aver presentato la domanda di rinuncia, restituendo la somma che non spettava, versando anche gli interessi e la sanzione prevista dal ravvedimento operoso (articolo 13 del decreto legislativo 472/1997). Bisogna utilizzare il modello F24, senza possibilità di compensazione, utilizzando specifici codici tributo (che verranno comunicati dall’Agenzia delle entrate).