Le risorse previste dalla Manovra per finanziare la riforma fiscale non bastano e manca ancora un modello che superi l’attuale sistema ibrido e permetta una revisione della tassazione IRPEF che superi varie criticità: è l’opinione di Giuseppe Pisauro, presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), espressa in audizione davanti alle commissioni Finanze della Camera e del Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva in materia di Riforma del Fisco. Tante le proposte avanzate, sia per “fare ulteriore cassa” sia per rendere più equa la distribuzione del carico fiscale. E tra le tante spicca ad esempio l’IRI al posto della flat tax nel regime forfettario. Ma vediamo tutto.
Le criticità da superare
L’obiettivo della riforma fiscale, secondo l’UPB, è quello di superare l’attuale struttura dell’imposta IRPEF (aliquote marginali effettive elevate ed irregolari in corrispondenza di redditi medi e medio-bassi, erosione della base imponibile e dell’imposta, scarsa trasparenza e complessità, diffusa evasione dei redditi da lavoro autonomo e da impresa), e le criticità che emergono considerando il sistema di tax-benefit nel suo complesso, tenendo sempre presente l’esigenza di sostenibilità dei conti pubblici nel medio-lungo termine e quella di favorire la crescita riducendo i disincentivi al lavoro e all’accumulazione di capitale umano e fisico.
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Dove reperire risorse per la riforma
Le risorse finanziarie che attualmente sono state previste «appaiono insufficienti a finanziare gli obiettivi indicati nei documenti ufficiali». Il fondo per il finanziamento della riforma, previsto dalla Legge di Bilancio 2021, ha risorse pari a 8 miliardi nel 2022 e a 7 miliardi a decorrere dal 2023, ma una quota annua compresa tra 5 e 6 miliardi viene specificamente destinata al finanziamento dell’assegno unico per i figli a carico in corso di definizione. Quindi, allo stato attuale per la riforma fiscale sono disponibili tra i 2 e 3 miliardi nel 2022 e tra 1 e 2 miliardi dal 2023. Pisauro indica una serie di interventi che potrebbe servire a raccogliere ulteriori risorse:
- aumento del prelievo IRPEF sui redditi più elevati per compensare le perdite di gettito conseguenti alla riduzione del prelievo sui redditi bassi e medio-bassi indicata come obiettivo della riforma;
- ripensamento dell’entità del prelievo sui redditi fuoriusciti nel tempo dalla base imponibile IRPEF riconducendoli nell’alveo della tassazione progressiva;
- ricomposizione del prelievo complessivo, spostando la tassazione dai fattori produttivi verso i consumi, accogliendo una richiesta che viene riproposta annualmente dalla Commissione europea;
- riduzione delle spese.
Un nuovo sistema fiscale
Ma, soprattutto, bisogna definire un criterio di base per attuare la riforma. L’attuale sistema fiscale è ibrido, essendosi allontanato sia dal modello omnicomprensivo, in cui il complesso dei redditi è sottoposto a un’unica forma di tassazione di tipo progressivo, sia da quello duale puro, in cui i redditi da lavoro sono tassati con imposta progressiva e quelli da capitale con aliquota proporzionale, generalmente uguale all’aliquota più bassa del sistema progressivo. Ora, bisogna scegliere se far riconfluire o meno nella base imponibile dell’IRPEF i redditi che ne sono progressivamente usciti oppure muoversi verso un sistema più vicino a quello duale (in riferimento non ai redditi da attività finanziaria, ma a quelli prodotti da professionisti e imprese individuali e alle locazioni immobiliari).
Stop alla Flat Tax
In primis, viene proposta una riflessione sulla flat tax, ovvero il regime forfettario introdotto nel 2019 per i titolari di Partita IVA (professionisti e imprenditori individuali) con ricavi fino a 65mila euro. Si tratta, secondo l’UPB, di una vera e propria detassazione che riguarda circa il 60% dei lavoratori autonomi e imprenditori individuali, creando iniquità nel sistema, frenando la crescita dimensionale delle imprese e incentivando la sotto-fatturazione dei ricavi. E qui c’è la prima proposta: l’imposta sul reddito d’impresa, IRI, con aliquota unica al 24%, la stessa prevista per le società di capitale. Questa imposta si applica solo all’attività professionale, mentre alla parte di utili distribuiti, che quindi rappresentano la remunerazione del professionista o dell’imprenditore , si applica la normale tassazione progressiva.
Stop alla cedolare secca
I redditi da locazione, invece, andrebbero riportati all’interno dell’IRPEF (abbandonando, quindi, opzioni come la cedolare secca). In ogni caso, anche restando in un sistema di tassazione ibrido, sarebbe comunque opportuno uniformare l’aliquota dei diversi regimi sostitutivi e cedolari a un livello almeno pari a quello del primo scaglione dell’IRPEF.
Nuove aliquote IRPEF
Infine, l’IRPEF vera e propria. Oggi, la sua incidenza (la curva delle aliquote medie effettive) oggi è minore alle due estremità della distribuzione dei redditi e più elevata per i redditi medi e medio-alti. Di fatto, l’aliquota marginale effettiva raggiunge il 45% tra 28mila e 35mila euro di reddito (+7 punti percentuali rispetto a quella marginale legale dello scaglione rilevante) e il 61% da 35mila a 40mila euro (+23 punti in più di quella marginale legale) e riguarda complessivamente oltre il 20% dei lavoratori dipendenti occupati 12 mesi l’anno.
Questo, senza calcolare addizionali locali, detrazioni per carichi familiari, altre componenti del sistema tax-benefit. Quindi, «un obiettivo prioritario e non rinviabile della riforma dell’Irpef deve quindi essere quello di eliminare l’andamento irregolare delle aliquote marginali effettive per ridurre i conseguenti effetti distorsivi».
La proposta: rendere meno ripido il profilo di riduzione del complesso delle detrazioni da lavoro e del bonus Irpef e ridurre il differenziale di aliquota tra il secondo e il terzo scaglione. Il risultato di questo intervento porterebbe una vantaggio soprattutto ai redditi fra i 35mila e 40mila euro.
Revisione tax expenditure
Bisognerebbe poi prevedere una riduzione e razionalizzazione delle spese fiscali (il sistema di deduzioni e detrazioni), introdurre un meccanismo di calcolo dell’imposta più chiaro, coordinare la riforma IRPEF con gli strumenti di contrasto alla povertà, semplificare il sistema delle addizionali regionali e comunali.