La crisi Covid rischia di avere un impatto non marginale sui futuri assegni pensionistici: il 2020 vede un calo dei versamenti dei contributi, a causa della riduzione delle attività economiche, che è destinato a ripercuotersi sulla sostenibilità del sistema in generale e sull’importo delle future pensioni. Questo vale sia per i lavoratori autonomi e per i professionisti, che pagano i contributi in base a quando incassano, sia per i lavoratori dipendenti che hanno utilizzato ammortizzatori sociali, che hanno i contributi figurativi, più bassi di quelli pieni. Vediamo alcuni esempi.
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Il problema non riguarda solo l’Italia ma tutto il mondo, trattandosi di un effetto della pandemia. Non a caso, all’impatto del Coronavirus sui sistemi e sugli assegni previdenziali dedica un capitolo il tradizionale rapporto OCSE sulle pensioni. L’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico segnala una serie di effetti:
- i minori contributi versati possono esercitare una pressione sulla tenuta del sistema previdenziale,
- la propensione al risparmio che caratterizza i periodi di crisi comporta il rischio che le persone «diano la priorità ai loro bisogni a breve termine rispetto al loro benessere a lungo termine, cogliendo tutte le opportunità disponibili a sospendere, ridurre o posticipare i contributi e ritirare anticipatamente i propri averi previdenziali».
- L’impatto del Covid sul mercato del lavoro potrebbe incrementare la disoccupazione per diversi anni, con buchi contributivi che impattano su diritto e misura della pensione.
- Ci sono rischi maggiori per i lavoratori di età avanzata che perdono il lavoro, nel caso in cui rimangano scoperti dal punto di vista previdenziale, perchè avranno più difficoltà a reinserirsi e di conseguenza l’impatto negativo sulla loro pensione diventerebbe permanente.
Alcuni dati. Per quanto riguarda il versamento dei contributi, Confprofessioni propone un’analisi sulle attività professionali che impiegano il contratto collettivo nazionale degli studi. Si rileva una forte riduzione tra febbraio e marzo (-27,2%) e un recupero, parziale, nel mese di aprile (+11,6%). I settori più colpiti: sport e spettacolo, istruzione, sanità.
Per quanto riguarda l’impatto sulla pensione futura, uno studio di Consultique, società di analisi e consulenza finanziaria indipendente, effettuato per il Sole24orePlus, calcola che un lavoratore dipendente che ha iniziato a lavorare nel 1977, andando in pensione anticipata perderà fra l’1 e il 4% dell’assegno previdenziale.
Itinerari Previdenziali, che presenterà il prossimo 16 febbraio l’ottavo rapporto sul sistema previdenziale italiano, sottolinea i rischi legati all’impatto Covid (ancora da valutare nel dettaglio). Da una parte, «sblocco dei licenziamenti ed esaurimento della cassa integrazione COVID-19 potrebbero mettere a dura prova l’occupazione, soprattutto in assenza di un piano vaccinale rapido e interventi in grado di rilanciare produttività e sviluppo del Paese», dall’altra l’emergenza Covid «potrebbe accentuare la propensione al pensionamento degli italiani, mettendo il turbo a Quota 100 e alle altre misure di anticipo messe in campo negli ultimi anni, al posto di una vera e coraggiosa riforma in grado di ovviare alle eccessive rigidità della Monti-Fornero. Estremamente probabile quindi che il rapporto attivi/pensionati possa peggiorare nel 2020, per poi tornare sui livelli del 2019 non prima del biennio 2024/2025».