La giornata decisiva sul fronte stretta di Natale alle misure anti Covid iniziata con la mozione di maggioranza in Senato del 16 dicembre. Un testo prudente, che si limita ad annunciare l’allentamento del divieto di spostamenti fra Comuni per non penalizzare i piccoli centri. Nel dettaglio, la mozione impegna il Governo a:
rivalutare le misure, con particolare riferimento agli spostamenti nelle giornate del 25 e del 26 dicembre, sulla base della più rigorosa analisi delle evidenze scientifiche fornite dal comitato tecnico-scientifico, e allo stesso tempo nell’eventualità di nuove restrizioni, a prevedere misure di ristoro economico proporzionate alle perdite di fatturato anche nei confronti di quelle attività per le quali attualmente è prevista l’apertura.
In realtà il dibattito politico è ben più ampio, e deve portare (possibilmente in giornata) a un nuovo DPCM che fissi regole definitive per le feste. Il punto è che il CTS (Comitato Tecnico Scientifico) insiste per misure più restrittive di quelle attuali, temendo in caso contrario una terza ondata di Covid all’inizio del 2021.
Il Governo è da tre giorni impegnato in riunioni con esperti ed enti locali per mettere a punto i dettagli del nuovo provvedimento: in mattinata nuovo vertice Stato Regioni, seguito da un incontro dell’esecutivo con le delegazioni della maggioranza. L’idea è quella di arrivare nel più breve tempo possibile a un nuovo DPCM.
Due le prime ipotesi in campo: trasformare l’intera Italia in zona rossa per le due settimane delle feste (dal 24 dicembre al 6 gennaio) come vorrebbe il Ministro della Salute Roberto Speranza, oppure limitarsi a una grande zona arancione, proposta sostenuta dal Premier. Nel mezzo, un possibile compromesso: tutta Italia in area rossa per i giorni 24-27 dicembre e 31 dicembre-3 gennaio edin zona gialla per i giorni 28, 29 e 30 dicembre.
L’opzione più rigida prevede una sorta di lockdown in tutta Italia, con negozi chiusi e spostamenti possibili solo con autocertificazione per motivi di salute, lavoro o necessità. Non è chiarissimo a quale periodo di tempo bisognerebbe applicare queste restrizioni da zona rossa. Si parla o dell’intero periodo dal 24 dicembre al 6 gennaio, oppure delle giornate prefestive e festive, quindi dal 24 al 27 dicembre, dal 31 dicembre al 3 gennaio e il 5 e 6 gennaio. Stesso discorso per l’ipotesi meno restrittiva, che invece prevede alcune giornate, o l’intero periodo di due settimane, di zona arancione (e non rossa).
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Ci sono due differenze fondamentali: in questo caso, sarebbe consentiti liberamente gli spostamenti fino alle 22, quando invece scatta il coprifuoco fino alle 5 del mattino. E resterebbero aperti i negozi, con la chiusura solo di bar, ristoranti, gelaterie, pasticcerie. Questi esercizi non potrebbero fare servizio al tavolo, ma solo take away fino alle 22 oppure delivery tutto il giorno. Qui emerge un secondo elemento, inserito nel dibattito al Senato sulle mozione: ristori immediati, ed economicamente più consistenti rispetto ai precedenti, per le attività che sono nuovamente costrette a chiudere.
Fra le due ipotesi, c’è una notevole differenza sul fronte pranzi e cene dedicate ai festeggiamenti. In zona rossa sarebbe proibito invitare parenti e amici in casa, ipotesi invece praticabile in zona arancione, essendoci libertà di spostamenti fino alle 22. In ogni caso richiami alla prudenza e pranzi e cene limitati ai parenti più stretti e ai conviventi.
La situazione è migliorata nelle ultime settimane, non ci sono più Regioni in zona rossa e solo cinque sono rimaste arancione (Abruzzo, Campania, Provincia Autonoma di Bolzano, Toscana, Valle d’Aosta), andando verso al promozione a zona gialla. Ma non siamo in una situazione paragonabile al “liberi tutti” del giugno scorso.
In vista, c’è fra l’altro l’inizio del piano vaccini, che se affrontato in una situazione di stabilità sul fronte del contagio può rappresentare un primo, importante, punto di svolta nella lotta al Coronavirus.
Ad oggi, la pressione sugli ospedali, pur in lento calo, resta alta e ci sono zone da cui arrivano nuovi sos. Il numero dei nuovi contagi, anch’esso in lento calo, è comunque alto. Così come continua a essere insostenibilmente pesante il bollettino dei decessi. La curva del contagio non è più in salita ma non ha neppure intrapreso una sicura discesa. Il famoso indice RT che misura il rischio di diffusione (misurando il numero di contagi per ogni positivo), è sotto 1 ma di poco (0,8). Per avere una situazione relativamente stabile, secondo il CTS, l’indice RT dovrebbe scendere sotto 0,5%.