Il lockdown che ha coinvolto l’Italia la scorsa primavera ha avuto ripercussioni negative soprattutto per il Mezzogiorno, che ha visto andare in fumo complessivamente 280mila posti di lavoro.
Una fotografia allarmante scattata dall’edizione 2020 del Rapporto Svimez, che mette in evidenza come ogni mese di chiusure abbia portato a una perdita totale di circa 48 miliardi di euro, pari al 3,1% del PIL italiano, di cui oltre 37 miliardi riguardano il Centro-Nord e quasi 10 miliardi i territori del Sud.
Come anticipato sopra, nei primi tre trimestri dell’anno in corso la riduzione dei posti di lavoro è stata pari al 4,5%, triplicando la percentuale di perdite nel Nord della penisola. Focalizzando l’attenzione sull’occupazione femminile, la pandemia ha portato a una riduzione pari a quasi mezzo milione di unità nei primi sei mesi del 2020, incrementando la precarietà del lavoro rosa in misura maggiore rispetto a quanto avvenuto per l’occupazione maschile.
Percentuali poco rassicuranti riguardano anche l’occupazione giovanile, ridotta dell’8% nei primi due trimestri del 2020 dell’8% con un impatto molto pesante soprattutto nelle regioni meridionali.
La crisi economica si è estesa al Mezzogiorno con più drammaticità – ha commentato il Premier Giuseppe Conte, durante la presentazione del Rapporto Svimez, – traducendosi in vera emergenza sociale, ha incrociato fragilità strutturali, un tessuto produttivo più debole, un mondo del lavoro più frammentato.
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Per quanto riguarda le previsioni sul futuro, la Svimez ipotizza una crescita del PIL al Sud dell’1,2% per il 2021 e dell’1,4% nel 2022, mentre l’incremento previsto al Centro-Nord del è pari al 4,5% nel 2021 e al 5,3% per l’anno successivo. Una crescita destinata ad ampliare ulteriormente il gap tra le due macroaree.