Siamo nel 2020: il mondo è iper-connesso, sempre attivo e online. Le nuove tecnologie per il contatto interpersonale sempre più accurate e sofisticate. Eppure, la pandemia Covid-19, con le regole di distanziamento sociale, ha paralizzato i processi di selezione e di inserimento di nuove risorse in azienda.
Come mai è ancora così difficile assumere in maniera smart? Perché il ritardo (soprattutto culturale) accumulato nella digital transformation sembra non aver risparmiato la funzione HR.
Con la crisi Covid, le HR sono diventate protagoniste del cambiamento, chiamate a sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie per ripensare in chiave digitale i processi organizzativi e per generare soluzioni innovative focalizzate sulle persone. Naturalmente, in questo processo evolutivo di ampia portata, la funzione HR non può agire da sola: l’intera organizzazione deve adottare nuove logiche e solo le aziende che hanno messo le persone nelle condizioni di prendere decisioni in autonomia, lavorare in maniera flessibile ed essere responsabili e collaborative, risultano resilienti ai cambiamenti in atto in questo periodo.
Ma se è vero che la pandemia ha accelerato la trasformazione digitale in alcuni aspetti di gestione delle risorse umane digital workplace, smart working), sembra aver lasciato indietro un tema fondamentale: il recruiting. Il primo passo deve essere la definizione di nuovi criteri di selezione che si affiancano a quelli tradizionali: la funzione HR deve attrarre talenti che abbiano già un background digitale forte e che possano farsi portavoce della trasformazione digitale all’interno dell’organizzazione.
Allo stesso tempo, per attrarre talenti di questo tipo, l’azienda deve posizionarsi sul mercato del lavoro come realtà all’avanguardia nel campo della digitalizzazione, comunicando l’ambizione di portare avanti un percorso (magari già avviato) di trasformazione digitale. Infatti, secondo una ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano, le imprese agili esercitano una capacità di attrazione e di retention più alta, con l’85% dei dipendenti che si dichiara motivato e coinvolto, quasi il triplo di quanto avviene nelle società con un approccio tradizionale.
Ma per rendere lo smart recruiting una pratica consolidata bisogna sradicare la prassi di selezionare un candidato soltanto dopo averlo incontrato personalmente. Se in videochiamata si può visionare solo il mezzo busto è mai possibile che questo diventi un limite per la valutazione di una risorsa?
Per di più, la funzione HR dispone di diversi escamotage per risolvere il problema della distanza fisica: meccanismi di gaming o project work individuali possono sostituire efficacemente un assessment di gruppo in presenza; le video-call e la più avanzata virtual reality possono farci interagire virtualmente con il candidato, ascoltarne la voce ed osservarne il linguaggio del corpo; i social media offrono poi spaccato sugli aspetti più umani di una persona, come i suoi interessi o il suo modo di interagire con gli altri.
Una testimonianza interessante ce la offre Seedble, PMI innovativa e pioniera dello Smart Working, che ha da tempo digitalizzato l’intero processo di recruiting e, con il Covid-19, anche quello di onboarding. Come afferma Andrea Solimene, co-founder di Seedble ed esperto di Smart Working, durante un webinar targato Exploring Smart Working.
Sperimentare nuove tecnologie ti permette di cogliere opportunità e comprendere come migliorare i flussi collaborativi e creativi della tua organizzazione.
“In collaborazione con Valentino Megale di Softcare Studios, stiamo lavorando con responsabili HR alla creazione di laboratori di VR per avvicinare le organizzazioni alla realtà virtuale, concepire nuovi modi di lavorare e digitalizzare processi con l’ausilio della tecnologia. L’esperienza del colloquio in VR è molto più completa e divertente rispetto a una semplice videocall”.
Se dunque molti HR continuano a chiedere ai candidati di incontrarsi di persona, il più delle volte è solo per una prassi consolidata che non ci si è mai posti il problema di mettere in discussione.
In conclusione, la digital transformation è un processo evolutivo inarrestabile e alla funzione HR spetta il compito di ridisegnare in quest’ottica molte attività, dai processi di selezione ed inserimento dei nuovi talenti all’employee experience delle risorse. Il tutto, nell’ambito di un più ampio percorso di innovazione che deve mettere al centro sempre e comunque i bisogni della persona.