Le lavoratrici nate nel 1961 o nel 1962 possono andare in pensione se hanno maturato 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2020: lo prevede la proroga dell’Opzione Donna che è fra le misure inserite nel ddl di Bilancio approvato dal Governo, insieme all’estensione al 2021 dell’APe Sociale. Non ci sono, per il momento, dettagli su eventuali altri provvedimenti di riforma pensioni inserite nel provvedimento, che erano stati annunciati dai sindacati dopo gli incontri con l’esecutivo in materia previdenziale. Vediamo tutto.
La proroga dell’Opzione Donna e dell’Ape Social sono certezze, perché annunciate dal Governo dopo l’approvazione della Legge di Bilancio in CdM del 18 ottobre. Quindi, i due strumenti di flessibilità in uscita possono essere utilizzati per tutto il 2021. Per quanto riguarda l’Opzione Donna, la proroga comporta l’accesso a questa pensione anticipata alle lavoratrici con un anno in più (rispetto ai requisiti precedentemente previsti).
La norma inserita in manovra consente di ritirarsi alle lavoratrici che maturano i seguenti requisiti entro il 31 dicembre 2020: 35 anni di contributi, e 58 o 59 anni di età, rispettivamente per dipendenti e autonome. La norma attualmente in vigore prevede che l’Opzione Donna si applichi alle lavoratrici che maturano i requisiti sopra esposti entro il 31 dicembre 2019. In pratica, la manovra estende il diritto alle lavoratrici dipendenti nate nel 1961 e alle autonome nate nel 1962 (mentre fino alla fine di quest’anno l’Opzione Donna si applica alle nate rispettivamente nel 1959 e 1960).
L’APe Sociale invece spetta a specifiche tipologie di lavoratori con 63 anni e 30 o 36 anni di contributi, a seconda delle categoria di appartenenza. Nel dettaglio: disoccupati, caregiver, disabili al 74% devono avere 30 anni di contributi. Per gli addetti a mansioni gravose sono necessari 36 anni di contributi. La normativa di riferimento resta la manovra 2017 (commi 179 e seguenti legge 232/2016), con tutte le successive modifiche intervenute (l’ultima, con la manovra dello scorso anno che aveva prorogato la misura per tutto il 2020).
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La legge esplicita quali sono nel dettaglio i requisiti che le quattro tipologie di lavoratori ammessi devono avere. In realtà, su questo fronte non si escludono novità nell’ambito della manovra di quest’anno. I sindacati hanno per esempio parlato d un accordo con l’esecutivo per estendere la platea dei disoccupati aventi diritto a coloro a cui non spettano ammortizzatori sociali. Attualmente, la norma prevede che i disoccupati accedano all’Ape sociale se hanno terminato di utilizzare la NASpI o la prestazione di disoccupazione spettante da almeno tre mesi. L’estensione quindi comporterebbe l’annullamento, o il ridimensionamento, di questo paletto.
Per conoscere i dettagli sulla formulazione della norma bisogna attendere il testo del ddl di Bilancio, atteso alla Camera nei prossimi giorni (dopo l’approvazione in CdM del 18 ottobre). Si può considerare comunque certa anche la prosecuzione della Quota 100 fino al 31 dicembre 2021: l’esecutivo ha anticipato in più occasioni che non c’era l’intenzione di anticipare la scadenza della norma, e dopo l’approvazione non ha comunicato nessuna modifica a questa forma di pensione anticipata, introdotta dal dl 4/2019.
Di fatto, quindi, resta per tutto il 2021 la possibilità di ritirarsi con 62 anni di età e 38 di contributi. Gli altri provvedimenti sulle pensioni attesi in manovra riguardano l’isopensione (ritiro anticipato di sette anni finanziato dall’azienda) e i contratti di espansione (strumenti che incentivano la staffetta generazionale).