Il Sistema Italia è indietro, nel confronto internazionale e in quello con i partner Ue, sul fronte degli investimenti in ricerca e sviluppo, e questo è un fatto noto. Un dato che invece è meno conosciuto riguarda invece il primato delle PMI su questo fronte. Si è, anzi, portati a pensare che il settore R&S, comportando investimenti ingenti, nel privato sia più praticato dalle realtà di grosse dimensione.
La realtà sembra però diversa: uno studio di Confartigianato, basato su dati Istat, sottolinea come siano proprio le piccole imprese il settore maggiormente dinamico su questo fronte. Le cifre precise: i dati ISTAT evidenziano che nel 2018 la spesa in ricerca e sviluppo è salita a 25,2 miliardi di euro, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente.
=> Scenari sul futuro dell'industria italiana
La parte del leone spetta alle imprese, che rappresentano il 63,1% della spesa complessiva. E a registrare il progresso maggiore sono le PMI: le piccole hanno incrementato del 15,8% la spesa in R&S, otto punti in più rispetto al +7,4% registrato dalla media delle imprese. Le realtà di medie dimensioni segnano invece un aumento del 9,3%,comunque superiore alla medi (me inferiore al progresso delle piccole). Per i big, il tasso di crescita si ferma al 4,6%.
L’andamento si conferma anche analizzando i dati di lungo periodo: dal 2013 al 2018 la spesa in ricerca e sviluppo delle piccole imprese sale del 18,5% all’anno, le medie imprese segnano un +12%, le grandi imprese si fermano a +3,2%.
In realtà, pur in forte crescita, la spesa R&S delle piccole imprese resta più contenuta rispetto ad altri variabili strutturali, ma comunque la quota passa dal 10,3% del 2013 al 17,3% del 2018.
Si tratta di un dato in linea con un serie di evidenze che emergono dal rapporto annuale di Confartigianato 2020, “Ripartire, impresa possibile“.
Da una parte, il report rileva come le micro e piccole imprese siano state le più colpite dalla crisi Covid, ad esempio in termini di sospensione dell’attività nel periodo dell’emergenza, dall’altra ne evidenzia un serie di punti di forza: esportazioni, produttività, impegno nel sociale.
A giugno 2020, il valore medio unitario dell’export manifatturiero, al netto dell’energia, cumulato negli ultimi dodici mesi è salito del 2,7% a fronte di un aumento dello 0,4% dei prezzi alla produzione sui mercati esteri, confermando la crescita della qualità intrinseca dei prodotti del Made in Italy. Sul fronte della produttività delle imprese, in numerosi settori la produttività delle piccole imprese italiane è migliore o in linea con quella delle omologhe imprese tedesche.. Ci sono 19 settori, che impiegano in tutto oltre 3 milioni di addetti (il 24,1% dell’occupazione delle piccole imprese) che segnano una produttività per addetto superiore a quella delle imprese tedesche di analoga dimensione.
Infine, tra i segni distintivi delle imprese ‘a valore artigiano’, assumono un particolare significato il radicamento nel territorio, l’offerta di beni e servizi di utilità sociale, l’integrazione sociale e gli atteggiamenti di mutualità e sussidiarietà, caratteristiche che sono emerse anche in occasione dell’emergenza Covid. Il 24,5% delle micro e piccole imprese, seppur in situazione di difficoltà nel corso dell’emergenza sanitaria, con il fatturato in caduta libera tra marzo e maggio, si è attivato per supportare la comunità in cui vivono e operano.