Fondamentalmente, è un servizio di mensa diffusa che consente di applicare le normative sulla mensa aziendale al pranzo consumato al ristorante. Come? Utilizzando la tecnologia. Per la precisione, una app che consente di pagare il pranzo in una serie di ristoranti convenzionati.
«Una modalità che rappresenta un mix fra mensa e buono pasto: supera i limiti fisici e i costi della mensa aziendale, ed è più conveniente fiscalmente rispetto ai buoni pasto» spiega Angelo Nodari, Ceo di PerPranzo, startup che ha fondato nel 2019 a Varese insieme a due soci, Marco Vanetti e Fabio Micheletti.
«Siamo siamo partiti con l’idea di cercare la soluzione delle criticità che abbiamo riscontrato proprio facendo la pausa pranzo». Il risultato è una app che consente di fare la pausa in una rete di ristoranti convenzionati, scegliendo cosa mangiare da un menù predisposto per chi usa questa app, e pagando direttamente da Mobile. In pratica, funziona tutto attraverso lo smartphone: ricerca dei ristoranti convenzionati (consultando anche giorno e orari di apertura e chiusura), consultazione menù, possibilità di take away o delivery, pagamento.
Quanto si può spendere? Dipende dalla convenzione che ha stipulato l’azienda: si va da 10 a 15 euro. Ma il punto è che il dipendente è come se fosse in mensa: non vede quanto spende, vede solo i ristoranti o menù a disposizione in base all’importo a credito.
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Se spende di meno scatta una forma di cashback per l’impresa. In pratica, spiega Nodari, «è come una ricaricabile. L’azienda ha un suo conto, che varia in base al numero di pasti e all’importo che viene scelto, da 10 a 15 euro. Se poi il dipendente spende meno del budget, la differenza ritorna alla ricarica successiva».
Il cashback comporta un vantaggio economico per l’azienda. «Abbiamo stimato che il cashback è pari a uno sconto che va dal 15 al 20%» rispetto ai buoni pasto. L’altro vantaggio, come detto, è fiscale. Il punto è che la mensa e i buoni pasto, pur andando incontro alla stessa esigenza delle imprese, hanno un diverso trattamento fiscale: la mensa non concorre alla formazione del reddito, i buoni pasto sono deducibili entro determinati limiti (attualmente, 4 euro per quelli cartacei e 8 per quelli elettronici). Il software messo a punto da PerPranzo consente appunto al servizio di caratterizzarsi come mensa diffusa, e non come buono pasto, con il vantaggio, per l’azienda, che la deducibilità è al 100%.
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Non è necessariamente un’alternativa al buono pasto, il servizio di mensa diffusa di PerPranzo viene utilizzato anche dalle imprese che danno i buoni pasto ai dipendenti, integrando un nuovo servizio. Anche in considerazione del fatto che i buoni pasto in genere fanno parte di accordi sindacali che li prevedono come forma di retribuzione per il dipendente.
I riscontri che arrivano dal mercato sono i seguenti: «dipende da cosa le imprese avevamo prima di adottare la nostra soluzione – spiega Nodari -. Chi non aveva nulla (né mensa né buoni pasto), utilizza PerPranzo come un servizio di mensa diffusa. Chi ha già i buoni, lascia scegliere al dipendente» di volta in volta. «Sta funzionando soprattutto nelle PMI, magari digital».
Infine, ci sono vantaggi per i ristoranti, «perché abbiamo commissioni più vantaggiose, e facciamo rimborsi regolari mensili. Stiamo anche sviluppando nuove funzionalità per il rimborso giornaliero».
PerPranzo al momento è disponibile su Milano, con un centinaio di convenzioni, Varese e Como, e sta partendo a Torino e Genova.