Iniziative per la sicurezza, informazioni costante sull’emergenza Covid, nuova organizzazione del lavoro, formazione specifica, strumenti di conciliazione lavoro-famiglia: sono solo alcune delle buone pratiche messe in campo dalle piccole e medie imprese ed emerse dal consueto report “Welfare Index PMI“, promosso da Generali Italia e giunto alla quinta edizione.
Il punto fondamentale non è tanto l’incremento delle prestazioni (che l’indagine registra in termini consistenti), ma l’impatto positivo sui conti: «le imprese molto attive nel welfare aziendale con le proprie iniziative di contrasto all’emergenza Coronavirus hanno ottenuto risultati superiori alla media». Vediamo con precisione.
Il report 2020 incamera l’impatto del Coronavirus attraverso due distinte indagini.
La prima attraverso il consueto questionario, con interviste ad oltre 4mila imprese di tutti i settori produttivi e classi dimensionali (da sei a mille addetti). In parte prima del lock-down da febbraio a marzo, in parte dopo da maggio a giugno. La survey ha rilevato l’evoluzione generale delle dodici aree in cui viene classificato il welfare aziendale (previdenza integrativa, sanità integrativa, servizi di assistenza, polizze assicurative, conciliazione vita-lavoro, sostegno ai genitori, sostegno economico ai dipendenti, formazione per i dipendenti, sostegno all’istruzione di figli e familiari, cultura e tempo libero, sostegno ai soggetti deboli e integrazione sociale, sicurezza e prevenzione degli incidenti, welfare allargato alla comunità).
La seconda indagine è stata svolta durante il periodo estivo, intervistando nuovamente circa la metà delle imprese (2mila 511), con un questionario dedicato all’esperienza della crisi e alle sue conseguenze.
Ebbene, emerge un quadro che conferma la gravità della crisi «sul sistema produttivo italiano e soprattutto sulle PMI, ma allo stesso tempo evidenzia la capacità di reazione delle aziende».
C’è il dato fondamentale delle migliori performance delle imprese che maggiormente puntano sul welfare, ma anche quello sulle modifiche che l’esperienza di questi mesi ha portato sul modo di intendere il welfare aziendale all’interno delle strategie d’impresa, indirizzandolo verso nuove prospettive.
Qualche dato: per la prima volta le imprese attive nel welfare aziendale superano il 50% (sono il 52,3%, dal 45,9% del 2019). Nel primo anno di rilevazione, il 2015, le imprese erano attive nel welfare aziendale erano il 25%. Fra le imprese attive, il 78,9% ha confermato le iniziative in corso, mentre il 27,7% ne ha introdotte di nuove o ha potenziato quelle esistenti.
Fra le iniziative per contrastare il Covid, l’80% delle PMI ha dato materiali e fornito informazioni di tipo sanitario ai lavoratori, il 12% ha attivato canali di supporto e servizi di consulto medico e assistenza sanitaria a distanza, il 26,4% ha attuato iniziative aperte alla comunità esterna e di sostegno al sistema sanitario nazionale. Il 91,6% delle PMI ha dichiarato di avere acquisito maggiore consapevolezza della centralità della salute e della sicurezza dei lavoratori, oltre il 70% ha affermato che in futuro il welfare aziendale avrà maggior rilievo, il 65% ha dichiarato che l’azienda contribuirà maggiormente alla sostenibilità del territorio in cui opera.
Dunque, un’accelerazione sul welfare aziendale che rappresenta un cambiamento culturale importante nel mondo delle imprese. L’impatto sui conti: le imprese più attive nel welfare hanno un tasso di produttività che aumenta del +6% nel biennio, triplo rispetto alla media delle PMI, pari a 2,1%. L’occupazione cresce quasi del doppio: attestandosi all’11,5% rispetto alla media del 7,5%.
Come detto, l’indagine mostra anche come l’impatto della crisi Covid 19 sul mondo delle imprese sia importante: l’8,8% delle imprese considera minacciata la propria stessa sopravvivenza e sta prendendo o prevede di prendere misure drastiche, il 42,4% dovrà affrontare cambiamenti significativi ma non estremi. L’impatto è particolarmente pesante per settori specifici: turismo e ristorazione, trasporti e automotive, meccanica, abbigliamento. E per le realtà più piccole. A rischio di chiusura sono il 3–4% delle medio-grandi (oltre 250 addetti) e delle medie (tra 50 e 250), salgono al 7% tra le piccole (tra 10 e 50 addetti) e raggiungono l’11,5% tra le microimprese (con meno di 10 addetti).
Le prospettive individuate: il welfare aziendale sta affrontando una svolta nel percorso di evoluzione. Il Covid in questo senso ha fatto da spartiacque, con un impatto rilevante sulle culture di management, che vede questi temi assumere un rilievo strategico nel business, e pone nuove sfide anche al paese.
La presentazione del report, il 22 settembre a Roma, ha visto la partecipazione del premier, Giuseppe Conte, che ha premiato le 78 imprese Welfare Champion che rappresentano «straordinarie storie di resilienza delle nostre PMI», sottolinea Marco Sesana, Country Manager & Ceo Generali Italia e Global Business Lines, insistendo sul concetto che «il welfare, oltre ad essere strategico per la crescita delle imprese, sarà leva per la ripresa sostenibile del Paese».