Responsabilità in solido del committente per il pagamento di stipendi e compensi di dipendenti e collaboratori dell’appaltatore, diffida dell’Ispettorato non solo nei confronti del datore di lavoro diretto ma anche dell’utilizzatore, procedura di conciliazione più veloce (30 giorni) e possibilità in alternativa di opporre ricorso (60 giorni): sono le novità introdotte dal Decreto Semplificazioni (articolo 12-bis dl 76/2020) sulle controversie di lavoro in caso di appalti.
Innanzitutto, la diffida in caso di appalti. La legge (articolo 12 dlgs 124/2004) prevede che, nei casi in cui «nell’ambito dell’attività di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti».
La novità introdotta dal DL Semplificazioni, in vigore dal 15 settembre scorso, è che la diffida si applica anche «ai soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro, da ritenersi solidalmente responsabili dei crediti accertati». Significa che, nel caso in cui ci sia un appalto, il committente risponde in solido di crediti patrimoniali nei confronti dei lavoratori (stipendi e altre voci della retribuzione). In mancanza di paletti specifici previsti dalla legge, la norma pare applicarsi non solo ai rapporti di lavoro subordinato, ma anche alle collaborazioni.
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Il datore di lavoro che riceve la diffida ha 30 giorni di tempo per promuovere un tentativo di conciliazione presso la Direzione provinciale del lavoro, oppure per presentare ricorso. Nel primo caso, se si raggiunge un accordo in sede di conciliazione, la diffida perde automaticamente efficacia. Nel secondo caso (ricorso entro 30 giorni), scatta la sospensione dei termini per 60 giorni (prima erano 90). Decorsi questi termini, la diffida torna automaticamente esecutiva.