La riforma dei versamenti fiscali delle Partite IVA può rientrare fra le misure finanziabili con il Recovery Fund europeo apportando semplificazioni per i contribuenti, un miglioramento della compliance e un incentivo agli investimenti. Lo sottolinea il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, in audizione davanti alla commissione Finanze della Camera dei Deputati, sui possibili interventi prioritari di riforma fiscale e della riscossione nell’utilizzo del Recovery Fund, ovvero i 209 miliardi destinati all’Italia nell’ambito di Next Generation UE, piano europeo di rilancio dopo il Coronavirus.
Risorse che, sottolinea Ruffini non possono «essere impegnate per una riduzione del carico fiscale (ad esempio con un abbassamento generalizzato delle aliquote dell’IRPEF)» mentre sono «pienamente utilizzabili per riforme di ampio raggio, la cui attuazione potrebbe richiedere costi di transizione non trascurabili».
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E qui si inserisce la proposta di riforma della riscossione per le Partite IVA. «Attualmente – sintetizza Ruffini -, il versamento dell’IRPEF da parte dei titolari di partita IVA, più di 4 milioni di artigiani, commercianti e professionisti, operanti anche mediante società di persone, avviene con il sistema degli acconti (pagati in due rate) e del saldo».
L’ipotesi è quella di passare a un meccanismo per cassa, con il versamento delle tasse mese per mese, «sulla base di quanto si incassa effettivamente e al netto di quanto si spende per svolgere la propria attività». In questo modo, «verrebbe definitivamente superato l’attuale meccanismo degli acconti e dei saldi d’imposta che non rispecchiano l’effettivo andamento» dell’attività. Questo nuovo sistema potrebbe essere applicato a seguenti soggetti.
- Imprese minori in contabilità semplificata: persone fisiche e società di persone con 0,4 mln di ricavi da servizi o 0,7 mln da beni. In base alla dichiarazione 2018, si tratta in tutto di 1,8 milioni di contribuenti (1,4 mln di persone fisiche e 0,4 mln di società di persone);
- persone fisiche in regime di vantaggio e forfettario: sono circa 1,2 milioni di contribuenti, di cui 900mila forfettari;
- lavoratori autonomi: circa 800mila.
Resterebbe invece escluse le società di capitali (srl, spa e via dicendo). Il nuova sistema sarebbe così configurato:
- abolizione dei versamenti in acconto di giugno e di novembre e della ritenuta d’acconto per i professionisti;
- liquidazione periodica mensile o trimestrale delle imposte sui redditi in base all’andamento della cassa, effettuando le possibili compensazioni in automatico;
- deducibilità totale e immediata degli investimenti in beni strumentali al posto degli attuali ammortamenti;
- applicazione del criterio di cassa anche a tutte le altre voci ancora oggi soggette al criterio di competenza;
- alcune plus e minusvalenze, proventi immobiliari, sopravvenienze attive e passive, spese di manutenzione, spese di impianto e altre spese pluriennali, accantonamenti ai fondi di quiescenza e previdenza);
- addebito delle somme dovute sul conto corrente del contribuente;
- accredito dei rimborsi o compensazione degli stessi con le imposte dovute nel primo periodo successivo utile.
Questa soluzione sarebbe la «più corretta sul piano della coerenza costituzionale con il principio di capacità contributiva, implicando di fatto l’adozione di un sistema di tassazione basato sulla valorizzazione degli incassi effettivi e delle spese realmente sostenute». E produrrebbe i seguenti vantaggi.
- Incentivo crescita e investimenti: la deducibilità degli investimenti costituirebbe un’incentivazione, fornendo anche un’ulteriore «leva unica» gestionale alla politica economica, ossia la percentuale di deducibilità degli investimenti, manovrabile in funzione del ciclo economico;
- semplificazione: il regime degli ammortamenti è regolato da un decreto, per molti versi obsoleto, del 1988, con oltre 20 possibili aliquote d’ammortamento, differenziate per attività;
- compliance (rapporto fisco-contribuente): flussi di cassa più facilmente osservabili, anche grazie a fattura e scontrino elettronico, e all’integrazione con un sistema di acquisizione delle informazioni dei flussi di cassa dal sistema bancario e dallo SDI.
Si tratta di una riforma strutturale, che a fronte di un costo iniziale per l’erario «potrebbe produrre negli anni successivi effetti positivi per le casse dello Stato, sia per la riduzione dei costi “amministrativi” (legati alla semplificazione degli adempimenti), sia per l’aumento degli investimenti, che la riforma – come detto – stimolerebbe. Alla luce di tali considerazioni, potrebbe, pertanto, valutarsi la possibilità dell’utilizzo del Recovery Fund per la copertura finanziaria di tale riforma».
Ruffini completa la proposta di riforma del Fisco con interventi di digitalizzazione del Fisco e proposte sul fronte della riscossione