L’Italia è uno dei paesi del mondo che ha fatto i maggiori sforzi per conservare posti di lavoro durante l’emergenza Covid. Una pandemia che «ha innescato la più profonda crisi economica dai tempi della grande Depressione del 1929», sottolinea l’Ocse nell’Employment Outlook 2020, che analizza le misure prese dai diversi paesi e fornisce stime sull’andamento dell’occupazione a fine 2021 in base a due diversi scenari: Covid 19 sotto controllo oppure seconda ondata di pandemia. In entrambi i casi, l’Italia chiuderà il 2020 con dati sulla disoccupazione che cancellano quattro anni di miglioramenti dopo la crisi 2008.
Vediamo tutto.
In generale, rispetto al primo trimestre del 2019, il PIL (prodotto interno lordo) dei paesi Ocse nella prima metà del 2020 è diminuito di quasi il 15%, il tasso di disoccupazione è passato dal 5,2% di febbraio all’8,4% di maggio. L’Italia su questo fronte si differenzia dalla media Ocse: l’indice ha continuato a scendere fino ad aprile, quando era al 6,6%, risalendo poi in maggio al 7,6%.
Ma le ore lavorate sono ovviamente crollate (-28% nei primi tre mesi della crisi), considerato tutto marzo in lockdown.
Probabilmente questi dati riflettono anche l’impatto degli ammortizzatori sociali, come la cassa integrazione, che di fatto salvaguarda l’occupazione anche in assenza di ore lavorate. Dopo Nuova Zelanda, Francia e Svizzera, l’Italia è il paese che ha messo in campo le più importanti misure per il mantenimento dei livelli occupazionali.
«Misure senza precedenti prese per aiutare le imprese, i lavoratori e le loro famiglie», segnala il country report relativo al nostro paese.
Le richieste di sussidio di disoccupazione (NASPI) sono aumentate del 40% tra marzo e maggio, rispetto allo stesso periodo del 2019. Un andamento determinato soprattutto dal mancato rinnovo di molti contratti a tempo determinato e dal congelamento delle assunzioni (il numero delle offerte online di lavoro è sceso del 30% tra febbraio e maggio in Italia).
Le categoria di lavoratori che sono state maggiormente colpite dalla crisi: autonomi, lavoratori con contratti a termine, lavoratori con bassi salari, i giovani e le donne. Sono evidenze che erano già emerse in diversi report, ad esempio da studi INPS sull’impatto del lockdown sul mondo del lavoro.
In base ai dati Ocse, nell’aprile 2020 in Italia, i lavoratori con i salari più alti avevano circa il 50% di probabilità in più di ottenere il lavoro da casa rispetto a quelli con i salari più bassi che, al contrario, avevano il doppio delle probabilità di aver smesso di lavorare del tutto. «La crisi COVID-19 rischia, quindi, di aggravare le disuguaglianze già esistenti sul mercato del lavoro».
E veniamo alle previsioni per il futuro.
- Ipotesi pandemia sotto controllo: in questo caso, l’occupazione in tutta l’OCSE dovrebbe diminuire del 4,1% nel 2020 e crescere solo dell’1,6% nel 2021. Il tasso di disoccupazione dovrebbe invece raggiungere il massimo storico del 9,4% entro la fine del 2020 (4° trimestre) e scendere solo al 7,7% nel 2021. In Italia, i numeri sono peggiori della media. Disoccupazione al 12,4% a fine 2020, cancellando quattro anni di lenti miglioramenti. Lenta risalita nel 2021, all’11%, comunque ben al di sopra del livello pre-crisi.
- Seconda ondata pandemica in autunno: la disoccupazione aumenterebbe ulteriormente, con il rischio concreto di restare strutturalmente a livelli elevati nel medio e lungo periodo. In questo scenario, il tasso di disoccupazione in Italia sarebbe ancora all’11,5% alla fine del 2021, vicino al picco registrato durante la crisi del 2008 e due punti percentuali più elevato rispetto a quello di fine 2019.
La ricetta Ocse per la ripartenza: un’evoluzione delle misure prese in questi mesi di emergenza, che trovi il giusto equilibrio tra un rinnovato sostegno a chi è in difficoltà, l’accompagnamento delle inevitabili ristrutturazioni dove necessario e la creazione di nuovi posti di lavoro.
- Più sicurezza sul posto di lavoro: il 49% dei lavoratori italiani deve andare in ufficio o in azienda, la sicurezza è una priorità.
- Meno cassa integrazione: deve essere adattata in modo da dare a imprese e lavoratori i giusti incentivi a riprendere l’attività o cercare un altro lavoro (es: partecipazione delle imprese ai costi della cig, meccanismi incentivanti per la ricerca di un altro impiego e attività formative).
- Licenziamenti e assunzioni a termine: divieti e limitazioni da rivedere.
- Sostegno al reddito: reddito di cittadinanza e di emergenza dovrebbero essere riconsiderati per garantire che le famiglie più bisognose siano davvero sostenute.
- Misure per i giovani: rinnovo del programma Garanzia giovani, più strumenti (digitali) finalizzati alla ricerca di impiego, formazione online e offline, incentivi all’assunzione di gruppi più vulnerabili.