Di solito, le considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia si concentrano sulla solidità del sistema bancario e finanziario, sull’andamento dell’economia reale, sugli investimenti in infrastrutture e l’andamento del commercio internazionale, negli ultimi anni anche sul rapporto con l’Europa. E’ invece più raro che ci siano molti passaggi dedicati all’importanza del capitale umano, al sistema dell’istruzione, cultura, ricerca, sanità. In tutti i settori citati (pubblico, privato, finanza, politica) viene messo l’accento sulle nuove tecnologie, sul digitale, sull’innovazione. E ancora: il tema ambientale come nuovo paradigma di sviluppo.
Ignazio Visco cita un solo economista in tutto il discorso: John Maynard Keynes. Lo fa analizzando l’impatto della pandemia Coronavirus.
Sul fronte della risposta economica,«interventi di bilancio di dimensioni straordinarie hanno portato sollievo a famiglie e imprese colpite nel lavoro, nella produzione, nel reddito. Se non frenata da tali misure, e da quelle pure ingenti e tempestive di politica monetaria, una crisi così profonda avrebbe avuto ripercussioni ancora più dolorose sul tessuto produttivo e sulla società tutta».
Ma, «come il distanziamento sociale appiattisce la curva dei contagi senza eliminare il virus, così le misure di sostegno contribuiscono a diluire nel tempo e ad attutire le conseguenze della crisi senza eliminarne le cause»: «i tempi e l’intensità della ripresa che seguirà la fase di emergenza dipendono da fattori difficili da prevedere».
Le stime sull’economia 2020 presentate dal governatore Visco ipotizzano due diversi scenari: un base, con una perdita di prodotto del 9% nel 2020, ovvero «superiore a quella sofferta in due riprese tra il 2008 e il 2013», e una ripresa nel 2021 con il PIL che recupererebbe metà della caduta. E uno più negativo, (ma non estremo) che vede a fine 2020 un -13% e una ripresa nel 2021 molto più lenta. Diciamolo: anche senza aggiungere i numeri su deficit e debito sono cifre da capogiro, inimmaginabili solo pochi mesi fa. E’ uno scenario del tutto nuovo e difficile, con pochi, o forse con nessun precedente. Sintetizza Visco: «la pandemia e la recessione aprono scenari di estrema incertezza che rendono molto difficile tratteggiare i contorni dei nuovi equilibri che si andranno a definire».
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La parola “incertezza” ricorre spesso nel discorso. E non è propriamente una delle parole che piacciono di più ai mercati. L’incertezza, prosegue il Governatore della Banca d’Italia, non riguarda «solo l’evoluzione della pandemia, ma anche gli effetti sui nostri comportamenti, sulle abitudini di consumo, sulle decisioni di risparmio. Ci si chiede quali nuovi bisogni si affermeranno e quali consuetudini saranno definitivamente superate. E ci si interroga sulle possibili conseguenze, oltre il breve periodo, per l’organizzazione della società e dell’attività produttiva». «È molto difficile prefigurare quali saranno i nuovi “equilibri” o la nuova “normalità” che si andranno determinando, posto che sia possibile parlare di equilibri e normalità».
E «per affrontare tanta incertezza è però cruciale, oggi ancora più di prima, che siano rapidamente colmati i ritardi e superati i vincoli già identificati da tempo. Oggi più di prima, perché una cosa è sicura: finita la pandemia avremo livelli di debito pubblico e privato molto più alti e un aumento delle disuguaglianze, non solo di natura economica. Solo consolidando le basi da cui ripartire sarà possibile superare con successo le sfide che dovremo affrontare».
Qui si inserisce la citazione di Keynes. Attenzione al modo in cui è contestualizzata: «lo sconvolgimento causato dalla pandemia ha natura diversa da quello di una guerra mondiale ed è arduo confrontarne gli effetti. Possiamo partire però da un pensiero maturato proprio immaginando come si sarebbe potuto gestire una grande guerra. Ottant’anni fa John Maynard Keynes scriveva:
… la migliore garanzia di una conclusione rapida è un piano che consenta di resistere a lungo … un piano concepito in uno spirito di giustizia sociale, un piano che utilizzi un periodo di sacrifici generali” – verrebbe da dire, come quelli di questi nostri giorni – non come giustificazione per rinviare riforme desiderabili, ma come un’occasione per procedere più avanti di quanto si sia fatto finora verso una riduzione delle disuguaglianze.
La prima “arma” da utilizzare è «il progresso tecnologico, per tornare a uno sviluppo più equilibrato e sostenibile, che generi occupazione e consenta anche di ridurre, con la necessaria gradualità ma senza timori, il peso del debito pubblico sull’economia».
Visco cita i punti forti dell’economia italiana, da cui ripartire:
- le infrastrutture di rete hanno tenuto, consentendo a centinaia di migliaia di lavoratori di continuare a operare da remoto,
- il settore manifatturiero è flessibile e, dopo la crisi dei debiti sovrani, ha rapidamente recuperato competitività,
- il debito netto con l’estero è pressoché nullo,
- la ricchezza reale e finanziaria delle famiglie è in complesso elevata e il loro debito è tra i più bassi nei paesi avanzati,
- il debito delle imprese è inferiore alla media europea;
- il sistema finanziario, rafforzato nonostante la doppia recessione, è in condizioni decisamente migliori di quelle in cui si trovava alla vigilia della crisi finanziaria globale.
Gli investimenti e le azioni imprescindibili:
- innovazione nelle attività produttive;
- miglioramento dell’ambiente;
- qualità ed efficienza dei servizi pubblici (soprattutto quelli «volti ad accrescere i livelli di cultura e di conoscenza, dalla scuola all’università così come nella ricerca»);
- nuovo rapporto tra Governo, imprese dell’economia reale e della finanza, istituzioni, società civile, all’insegna dell’apertura a molteplici punti di vista, interessi, esigenze, e di un «confronto ordinato e un dialogo costruttivo tra chi ha competenze diverse»;
- un nuovo rapporto in Europa, con l’assunzione «collettiva di responsabilità per il finanziamento della ripresa», «primo passo verso un’unione di bilancio e il completamento del disegno europeo».
In questo senso va la recente proposta della Commissione UE sulla strategia di ripresa e il Recovery Fund.