Il tetto di 40mila euro per il diritto al bonus di 100 euro che spetta ai lavoratori dipendenti che si sono recati fisicamente al lavoro nel mese di marzo 2020 previsto dal decreto Cura Italia si intende al netto di eventuali componenti soggette a tassazione separata, mentre non rileva il fatto che siano state applicate agevolazioni fiscali come quella sul rientro dei cervelli: in questo caso, bisogna considerare l’importo effettivamente percepito dal lavoratore, non l’imponibile (che è ridotto in virtù del beneficio fiscale applicato).
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Sono alcune delle precisazioni contenute nella circolare 11/2020 dell’Agenzia delle Entrate che contiene chiarimenti applicativi sulle norme inserite nei due decreti economici del governo sull’emergenza Coronavirus, ovvero il Cura Italia (dl 18/2020) e il decreto Liquidità Imprese (dl 23/2020).
Calcolo del tetto di reddito
La norma, lo ricordiamo, riconosce il premio di 100 euro ai titolari di reddito da lavoro dipendente fino a 40mila euro che nel mese di marzo hanno lavorato recandosi fisicamente in sede (quindi, non in smart working o da remoto), parametrando in premio in base ai singoli giorni del mese di effettiva presenza. Sono diverse le risposte ai quesiti che riguardano tale bonus, previsto dall‘articolo 63 del Cura Italia.
Il primo chiarimento completa quanto già precisato con al circolare 8/2020 sul modo in cui si calcolano i 40mila euro. Ai fini del rispetto del tetto di 40mila euro, specifica il Fisco, «deve considerarsi esclusivamente il reddito di lavoro dipendente assoggettato a tassazione ordinaria IRPEF e non anche quello assoggettato a tassazione separata o ad imposta sostitutiva».
Bisogna dunque considerare il reddito 2019, anche se derivante da diversi rapporti di lavoro, assoggettato a tassazione ordinaria; sono quindi esclusi sia gli eventuali redditi soggetti a tassazione sostitutiva,come ad esempio i premi di risultato, sia quelli a tassazione separata, come il TFR. La precisazione è dunque importante per coloro che, eventualmente, lo scorso anno hanno cambiato lavoro e preso la liquidazione: ai fini del tetto il TFR incassato non si calcola.
Altro caso particolare: se il lavoratore ha utilizzato le agevolazioni fiscali per il rientro dei ricercatori (articolo 44 dl 78/2010) o il regime speciale per i lavoratori impatriati (articolo 16, dlgs 147/2015), rileva il reddito effettivamente percepito e non l’imponibile, che risulta invece ridotto grazie allo sgravio. Ai fini del bonus di 100 euro, in pratica, rileva lo stipendio reale e non l’importo su cui si pagano le tasse. Stesso discorso per altre agevolazioni come quelle applicate ai frontalieri o ai residenti a Campione d’Italia: rileva l’intero reddito effettivamente percepito. La circolare dettaglia a quali campi della certificazione unica bisogna fare riferimento.
Esclusi dal beneficio
Infine, niente bonus se il dipendente lavora all’estero: la norma, spiega il Fisco, si rivolge ai titolari di lavoro dipendente che sopportano il disagio di doversi recare presso la propria sede di lavoro nel periodo dell’emergenza Coronavirus, ed è stata «emanate in ragione della situazione epidemiologica riscontrata nel nostro Paese». Quindi, il sostituto d’imposta italiano non può riconoscere il bonus ai propri dipendenti che svolgono l’attività lavorativa all’estero.
Ricordiamo, in estrema sintesi, che il bonus andava pagato a partire dalla retribuzione di aprile, ma che può essere versato entro il termine di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno e che i sostituti d’imposta lo posso compensare con i versamenti fiscali previsti dall’articolo 17 del dlgs 241/1997.