Come interpretare il punto dell’accordo per le misure preventive che dice di privilegiare lo smart working in luogo della presenza fisica in ufficio? Qualora l’azienda stabilisse presenze per il personale laddove sarebbe applicabile lo smart working, senza in alcun modo inficiare l’attività e le performance, come si dovrebbe comportare il dipendente?
In realtà su questo tema non c’è solo l’accordo imprese sindacati a cui lei fa riferimento, ma anche il Dpcm dell’11 marzo. Entrambi i testi prevedono da parte delle imprese il massimo utilizzo del lavoro agile in tutti i casi in cui è possibile.
In altri termini, si tratta di una disposizioni abbastanza stringente, che non lascia in realtà molti margini al datore di lavoro. Che deve ricorrere allo smart working quando è fattibile.
Il sopra citato Dpcm 11 marzo, al comma 7, prevede «il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza».
=> Lavoro e Coronavirus: i requisiti per restare aperti
E il protocollo tra Governo E parti sociali del 14 marzo specifica che le imprese devono disporre la chiusura di tutti i reparti diversi dalla produzione o, comunque, di quelli dei quali è possibile il funzionamento mediante il ricorso allo smart work, o comunque a distanza.
In pratica, anche le imprese che possono tenere aperto in base al decreto del 22 marzo , devono prevedere il lavoro agile in tutti i casi in cui è possibile, facendo andare i dipendenti in sede, o chiedendo loro prestazioni che richiedono di uscire di casa, solo per attività che non consentono lo smart working.
Nel caso in cui l’azienda non lo faccia, il dipendente può certamente chiedere di lavorare in lavoro agile. Ma ripeto, dovrebbe essere la stessa azienda a predisporlo. Se questo non succede, una buona idea potrebbe essere quella di rivolgersi ai sindacati o all’associazione datoriale: le parti sociali sono firmatarie dell’accordo, di conseguenza sono in grado di intervenire anche per risolvere dubbi di questo genere, aiutando il dipendente a capire per quale motivo l’impresa non ha predisposto lo smart working o, viceversa, intervenendo presso il datore di lavoro perché disponga il lavoro agile.
Hai una domanda che vorresti fare ai nostri esperti?
Chiedi all'espertoRisposta di Barbara Weisz