Le restrizioni alle attività produttive previste dagli ultimissimi decreti (22 e 25 marzo) sull’emergenza Coronavirus non hanno riguardato i negozi, che peraltro erano già stati fortemente limitati dai precedenti provvedimenti. Nuovi paletti sono stati introdotti dall’ordinanza del ministero della Salute del 20 marzo, ad esempio in relazione i servizi di somministrazione di alimenti e bevande posti all’interno delle stazioni ferroviarie e lacustri, e nelle aree di servizio e rifornimento carburante (con l’eccezione delle autostrade).
Spesso sono cambiati gli orari dei supermercati (non per norme del Governo, in alcuni casi da ordinanze regionali, in altri per decisione dei gestori e delle catene): in genere chiudono alle 19 o alle 20, e l’orario è ulteriormente ridotto la domenica (con chiusura alle 15).
Questi orari sono solo indicativi, è sempre consigliabile la consultazione precisa degli orari di apertura dei singoli esercizi. I negozi che devono restare chiusi, anche i bar o i ristoranti, possono sempre effettuare consegne a domicilio e commercio elettronico.
Vediamo tutte le regole aggiornate, anche con l’aiuto delle FAQ del Governo.
Come è noto, la regola generale è che restano chiuse tutte le attività, con l’eccezione di alimentari, farmacie e parafarmacie, e generi di prima necessità. In pratica, possono restare aperti tutti gli esercizi compresi negli allegati 1 e 2 del Dpcm 11 marzo. Ci possono essere ulteriori restrizioni decise dalle Regioni. Ad esempio, la Lombardia ha sospeso fino al 15 aprile l’attività dei mercati settimanali scoperti anche in relazione ai generi alimentari (una limitazione che invece non è prevista dalle norme del Governo).
Anche dopo la restrizione del 20 marzo, restano aperti i servizi di somministrazione alimenti e bevande negli ospedali e negli aeroporti, con l’obbligo di assicurare il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro. Restano aperti gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande posti nelle aree di servizio e rifornimento carburante delle autostrade, ma possono vendere solo prodotti da asporto da consumarsi al di fuori dei locali.
Restano valide le regole relative alla possibilità, per tutte le tipologie di negozi, di effettuare consegne a domicilio e attività di e-commerce. Questo vale anche per i negozi che devono restare chiusi (la maggior parte), che quindi non effettuano vendita al dettaglio sul posto, e non consentono l’accesso al pubblico, ma possono fare delivery o e-commerce.
=> Scarica: Modello spostamenti aggiornato al 26 marzo
Attenzione: il Dpcm del 22 marzo ha previsto regole più stringenti relative a spostamenti e sicurezza igienico sanitaria nei luoghi di lavoro, che vanno rispettate anche dagli esercenti che fanno e-commerce o consegne a domicilio. E’ quindi possibile recarsi in negozio solo per attività strettamente necessarie al proseguimento dell’attività, che non sia possibile svolgere da casa, e per motivi urgenti e indifferibili. Non è invece possibile, ad esempio, fare lavori di ristrutturazione nel periodo di chiusura: solo eventuali riparazioni urgenti.
Ci sono una serie di indicazioni ed esempi nelle FAQ del Governo.
- E’ consentita la consegna dei prodotti a domicilio, nel rispetto dei requisiti igienico sanitari sia per il confezionamento che per il trasporto, ma con vendita a distanza senza riapertura del locale (quindi, bissogn prendere gli ordini per telefono, o comunque da remoto). Chi organizza le attività di consegna a domicilio – lo stesso esercente o una piattaforma – deve evitare che al momento della consegna ci siano contatti personali a distanza inferiore a un metro.
- L’attività di commercio di qualsiasi prodotto effettuato online ovvero mediante altri canali telematici è sempre consentita alla luce della disciplina per gli esercizi commerciali prevista dall’allegato 1 del Dpcm 11 marzo 2020, ancora vigente.
- Take-away: rosticcerie, piadinerie, friggitorie, gelaterie, pasticcerie, pizzerie e via dicendo, sono chiusi, ma possono effettuare servizio di consegna a domicilio, nel rispetto dei requisiti igienico sanitari, sia per il confezionamento che per il trasporto. Vale sempre la regola della distanza di almeno un metro al momento della consegna.
- Bar e ristoranti: possono fare delivery, rispetando tutte le regole sopra riportate per confezionamento e consegna. Assodelivery fornisce un serie di indicazioni per i ristoratori che decidono di fare consegne a domicilio: fra le altre cose, le aree destinate al ritiro del cibo devono essere separate dai locali destinati alla preparazione.
- Le aziende che preparano cibi da asporto preconfezionati, anche all’interno di supermercati o comunque in punti vendita di alimentari, possono continuare la loro attività effettuando solo la vendita o la consegna a domicilio dei cibi preconfezionati, senza prevedere alcuna forma di somministrazione o consumo sul posto.
Confcommercio sottolinea che la consegna a domicilio è consentita anche al di fuori del comune sede dell’attività, in considerazione del fatto che si tratta di “comprovate esigenze lavorative”, e che non ci sono limitazioni allo spostamenti di merci. Per quanto riguarda le attività ammesse all’interno dei negozi chiusi, sono consentite solo le attività strettamente indispensabili all’eventuale gestione del commercio via internet (o per telefono ecc.) e/o per le consegne al domicilio del cliente, ove non sia possibile operare integralmente da remoto.