Con riferimento al decreto Conte, gli impiegati di Casse Edili ed Enti territoriali sembrano esentati dal lavoro in azienda dal 23 marzo in quanto obbligati a lavorare esclusivamente in regime di lavoro agile (Smart Working). E’ così?
Il decreto 22 marzo limita le attività che è possibile svolgere recandosi fisicamente al lavoro: in pratica, vanno in azienda solo gli addetti alla produzione e solo se fanno parte dei settori considerati essenziali, che sono precisamente elencati.
A maggior ragione quando si parla di enti territoriali, se si tratta di contratti di pubblico impiego, nel quale ambito la modalità agile è quella preferenziale.
Il lavoro negli uffici era già fortemente limitato dalle precedenti disposizioni (Dpcm 11 marzo), che conteneva l’indicazione di fare «il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza».
Ora le regole sono ancora più stringenti: il decreto del 22 marzo sospende «tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 1».
Fra queste ultime ci sono anche attività che riguardano l’edilizia (opere di ingegneria civile, installazione di impianti elettrici e idraulici e altri lavori con codice ATECO 43.2). Ma continua a valere la regola che privilegia lo smart working, anche in questi settori.
In altri termini, l’operaio potrà ancora recarsi al lavoro (limitatamente alle tipologie di attività consentite) mentre gli impiegati devono lavorare in smart working.
Nei prossimi giorni ci saranno ulteriori dettagli applicativi (il Governo sta aggiornano ad esempio le FAQ presenti sul portale).
In ogni caso, per le attività che possono rimanere aperte, vale quanto previsto dal precedente Dpcm 11 marzo, articolo 1, comma 7, che oltre al massimo utilizzo dello smart working prevedono la chiusura di tutte le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione.
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Chiedi all'espertoRisposta di Barbara Weisz