Lavoro presso una catena di distribuzione inquadrata come GDO facente capo a un gruppo multinazionale, ci è stato ridotto l’orario di lavoro, ma non avendo ferie né permessi arretrati mi scaleranno permessi non retribuiti: è corretto? Cosa consigliate?
La riduzione dell’orario di lavoro deve essere contrattata utilizzando specifici ammortizzatori sociali. Il Dpcm 11 marzo prevede che le imprese, se non possono ricorrere al lavoro agile, incentivino ferie e permessi retribuiti, o altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva.
Quindi strumenti retribuiti, non facendo invece alcun riferimento ai permessi non retribuiti. Fra l’altro, il decreto Cura Italia (18/2020) prevede nove settimane di cassa integrazione, da utilizzare entro il mese di agosto 2020, per far fronte alle riduzioni o sospensioni dell’orario di lavoro per l’emergenza Coronavirus.
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Ritengo quindi che sia questo ammortizzatore sociale lo strumento più adatto da utilizzare nella situazione da lei descritta. Fra l’altro, non mi risulta che le imprese possano forzare i dipendenti a utilizzare permessi non retribuiti.
Detto questo, a maggior ragione in una grande catena di distribuzione, gli strumenti che vengono attivati dovrebbero essere concordati con le rappresentanze sindacali. Non mi è chiaro se nel vostro caso questo sia stato fatto: nel caso, è possibile che l’accordo sia stato siglato nell’interesse dei lavoratori, ritenendo preferibile la fruizione dei congedi alla cassa integrazione.
Se invece non c’è un accordo, direi che lo strumento attivato è, appunto, una forzatura rispetto alle regole previste. Fate comunque bene i calcoli per capire se la soluzione che l’azienda sta applicando sia o meno conveniente dal punto di vista economico rispetto alla cig.
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Chiedi all'espertoRisposta di Barbara Weisz