Nessun lavoratore viene escluso da ammortizzatori sociali e indennizzi previsti dal nuovo decreto Coronavirus del Governo.
- Per i dipendenti con attività sospesa c’è la cassa integrazione, anche se lavorano per micro-imprese.
- Per autonomi e Partite IVA c’è un indennizzo di 600 euro per il mese di marzo esentasse, che spetta anche ai collaboratori, ai lavoratori stagionali del turismo, a quelli dello spettacolo.
- Per i Professionisti iscritti agli Ordini è previsto un indennizzo specifico, ancora da quantificare.
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Vediamo in dettaglio cosa prevede il decreto del Governo approvato il 16 marzo per contrastare l’emergenza economica Coronavirus focalizzando sui sussidi che spettano ai lavoratori.
Partite IVA
Partiamo dalle Partite IVA, ovvero una categoria che normalmente non accede agli ammortizzatori sociali. Negozianti, artigiani, operatori del turismo, ristoratori, sono fra i più colpiti da questa emergenza Coronavirus, che prevede la chiusura di tutte le attività non necessarie. A loro spetta un indennizzo di 600 euro per il mese di marzo, non tassabile. Il trattamento spetta a una platea che il Governo quantifica in quasi 5 milioni di persone. Sono comprese tutte le tipologie di lavoro autonomo, partite IVA e non solo. Nel dettaglio:
- autonomi e Partite IVA (aperta prima del 23 febbraio) non iscritti agli ordini,
- collaboratori in gestione separata (non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme di previdenza),
- artigiani,
- commercianti,
- coltivatori diretti, coloni e mezzadri, operai agricoli a tempo determinato non titolari di pensione,
- stagionali dei settori turismo e stabilimenti termali: devono aver perso il lavoro nel periodo tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore del decreto, non titolari di pensione o di rapporto di lavoro dipendente,
- lavoratori dello spettacolo.
Il termine del 23 febbraio previsto per le Partite IVA vale anche per le altre categorie di lavoratori: a questa data doveva già sussistere l’attività interrotta a causa del Coronavirus. Le indennità non sono cumulabili dal singolo lavoratore, anche se svolge diverse attività. Il trattamento non concorre alla formazione del reddito (quindi, è esentasse). Sarà l’INPS a versarla, seguiranno istruzioni operative.
Coloro che non rientrano in queste tipologie, ad esempio le professioni ordinistiche, avranno a loro volta un indennizzo, che però non è stato ancora quantificato, attingendo al nuovo Fondo di ultima istanza.
Dipendenti sospesi
E siamo ai lavoratori dipendenti. Qui, la principale novità riguarda coloro che lavorano nelle piccole o micro aziende (esempio, i dipendenti dei piccoli negozi che hanno chiuso l’attività). Anche in questo caso si tratta di una categoria di lavoratori normalmente esclusa dagli ammortizzatori, che invece il decreto ricomprende nella cassa integrazione.
Molto in sintesi, il decreto prevede nove settimane di cassa integrazione per tutti i datori di lavoro che sospendono l’attività a causa del Coronavirus. Il periodo in cig deve essere compreso tra il 23 febbraio e il 31 agosto 2020. Il lavoratore per cui si chiede la cig doveva necessariamente essere già assunto lo scorso 23 febbraio.
Il trattamento di cassa integrazione sopra descritto di nove settimane può essere chiesto anche da aziende che hanno in corso trattamenti di cig straordinaria oppure assegni di solidarietà: nel caso, questo trattamento (che è considerato cassa integrazione ordinaria), sospende (per nove settimane) il precedente ammortizzatore. E’ riconosciuto anche nel caso in cui i datori di lavoro siano iscritti al Fondo di integrazione salariale (FIS) e occupino più di cinque dipendenti.
Per tutti i lavoratori dipendenti del settore privato eventualmente non coperti dalla cassa integrazione sopra descritta, compresi i lavoratori agricoli, della pesca e del terzo settore (escluso, invece, il lavoro domestico), le Regioni possono riconoscere un analogo trattamento di cassa integrazione di nove settimane. Se l’impresa ha più di cinque dipendenti ci vuole accordo sindacale, che può essere concluso anche telematicamente.