L’ipotesi più realistica è che l’impatto del coronavirus sull’economia si limiti a un calo dei ricavi e dei margini delle imprese ma senza effetti negativi sulla struttura finanziaria, con un incremento relativamente contenuto del rischio default. Se però le misure di contenimento previste non dovessero funzionare, e comunque nel caso in cui l’emergenza proseguisse per oltre sei mesi, diventando una vera e propria pandemia, il discorso cambierebbe drasticamente: il rischio default delle imprese italiane salirebbe sopra il 10%, valore più che doppio rispetto alla media attuale (4,9%).
L’ analisi è contenuta nel report a cura di Cerved Rating Agency, “The impact of coronavirus on italian non financial corporates“, che simula due diversi scenari, uno soft e uno hard. Attenzione: è lo stesso report a definire più probabile lo scenario soft, mentre la pandemia è l’ipotesi più estrema.
In media, senza coronavirus, la frequenza dei fallimenti fra le imprese italiane è misurato al 4,9%. Ebbene, secondo i calcoli il coronavirus ha in ogni caso un impatto sul dato relativo ai default, che è relativamente contenuto nel caso dello scenario soft (l’indice salirebbe di quasi due punti, al 6,8%), mentre è decisamente più evidente nello scenario hard, con l’indice al 10,4%.
Lo scenario soft analizzato prevede che l’emergenza coronavirus venga risolta in un periodo di tempo che va dai tre ai sei mesi, e la probabilità che questo accada è considerata alta. In questo caso, come detto, l’impatto sull’economia, sia quella mondiale sia quella italiana, è considerato basso. Lo scenario hard, invece, considera l’ipotesi che le misure di contenimento fin qui adottate non riescano a contenere il contagio, con la conseguenza di una pandemia coronavirus. In questo caso, la crisi sanitaria durerebbe più di sei mesi, e le conseguenze sull’economia sarebbero ben peggiori.
Concentrandosi sullo scenario soft, sono interessanti le dinamiche dei diversi settori. Come è facile immaginare, il turismo è fra i più colpiti. Il margine operativo lordo delle imprese del segmento è destinato a crollare, dall’attuale 3,2% allo 0,2%.
Effetti negativi importanti, sempre in termini di Ebitda, per la ristorazione e l’accoglienza, che scende dall’11,5% all’8,9%, per il manifatturiero (con l’esclusione del tessile e del farmaceutico), che passa dal 7,2% al 5,3%, del tessile, che scende dal 7 al 4,7%, la distribuzione, dal 3,6 all’1,7%.
L’unico dato controcorrente è quello dell’industria farmaceutica, con i produttori che guadagnano margini (Ebitda dal 12m4 al 13,2%), e i rivenditori che salgono dal 6,1 al 7%.
Guardando invece alle probabilità di default in relazione ai diversi settori, sostanzialmente sale da uno a due punti la probabilità di chiusura per tutti i settori con l’eccezione sempre del farmaceutico, che invece si rafforza (con la probabilità di fallimento che scende), e dell’informazione e comunicazione.
Scenario hard
Nell’ipotesi di scenario hard, ovvero di pandemia, i numeri diventano invece negativi per tutti i settori.