Uno degli obiettivi della riforma dell’ISEE del 2015 è di ridurre il numero di falsi ISEE, ovvero di Indicatori di Situazione Economica Equivalente in riferimento ai quali i contribuenti abbiano, più o meno volontariamente, omesso di dichiarare redditi o patrimoni (solitamente l’ammontare del conto in banca), per ottenere un valore più basso ed avere così accesso a prestazioni di welfare agevolate.
Oggi, nel presentare la DSU (Dichiarazione Sostitutiva Unica) ai fini dell’ottenimento dell’ISEE, solo una parte delle informazioni devono essere auto-dichiarate, le altre vengono recuperate direttamente dall’INPS facendo accesso ai propri archivi, a quelli dell’Agenzia delle Entrate e all’Anagrafe Tributaria.
A vigilare sulla correttezza delle informazioni contenute nella DSU sono l’Agenzia delle Entrate, l’INPS, la Guardia di Finanza e tutti gli enti pubblici che erogano prestazioni assistenziali.
Nel caso in cui gli organi controllori rilevino incoerenze, omissioni o difformità, possono chiedere al contribuente la presentazione di un nuovo modello ISEE o una nuova DSU integrativi o rettificativi. Si potrebbe infatti trattare di errori commessi in buona fede.
Diverso il caso in cui dall’attività di verifica emergano chiari riscontri che di dichiarazioni mendaci, per i quali si applicano gli articoli 75 e 76 del testo unico sulla documentazione amministrativa: per i furbetti dell’ISEE sono previste la reclusione fino a 3 anni e multe fino a 516 euro.
Entrando nel dettaglio del testo unico sulla documentazione amministrativa:
- l’articolo 75 prevede la decadenza dai benefici ottenuti con la dichiarazione falsa e mendace o non veritiera, lasciando il posto ad altri aventi diritto alle prestazione secondo graduatoria e/o restituendo, anche coattivamente, quanto eventualmente ottenuto:
- l’articolo 76 prevede che chiunque rilasci dichiarazioni mendaci, anche facendo ricorso a documentazione non più valida, venga punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia:
- la pena per il reato di falsa dichiarazione ad un pubblico ufficiale o in una dichiarazione destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico corrisponde alla reclusione fino a tre anni (articolo 495 del codice penale);
- reclusione di minimo un anno e sanzioni fino a 516,27 euro, invece, per chi rende dichiarazioni false circa il proprio stato civile oppure rilasci una falsa dichiarazione sulla propria identità, stato o sulle proprie qualità personali.