Nonostante l’utilizzo degli influencer riguardi una grandissimo numero di aziende e il giro di affari sia arrivato, secondo l’agenzia di marketing Mediakix, a 8,5 miliardi di dollari negli Stati Uniti, il loro utilizzo rappresenta una sfida e pone alcuni dubbi.
Per indagare questo fenomeno la rivista Glossy ha intervistato alcuni marchi di cosmetica, valutando vantaggi e preoccupazioni relativi alla presenza di influencer nel libro paga aziendale.
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Uno dei temi più dibattuti riguarda l’autenticità, i marchi temono sempre di puntare su un influencer che possa apparire poco credibile agli occhi dei suoi follower proprio a causa del suo accordo con l’azienda. Una via traversa è non pagare direttamente gli influencer ma coinvolgerli nella creazione di prodotti, puntando sulla loro esperienza.
In alcuni casi è stato dimostrato che gli influencer non perdono di credibilità se dichiarano apertamente la loro collaborazione e se introducono post sponsorizzati nei loro social. L’importante è la trasparenza. I follower non si sentono traditi se le cose sono fatte apertamente.
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Un elemento importante è scegliere influencer che conoscano e utilizzino già il marchio, per non rischiare di creare una sensazione di finzione. La relazione con l’influencer deve essere continua nel tempo, deve avere a disposizione i prodotti per poterli testare e deve essere aggiornato in tempo reale, come parte integrante dell’azienda.
Il tasso di conversione dei post degli influencer non deve essere considerato come quello relativo alle pubblicità aziendali, se così fosse i dati sarebbero molto deludenti. Gli influencer viaggiano su una linea diversa, il loro contributo non è misurabile con le solite metriche, ma deve essere considerato un elemento aggiuntivo per la costruzione della reputazione del marchio.