L’impignorabilità della prima casa vale per l’agente della riscossione ma il sequestro preventivo di un immobile adibito ad abitazione principale, disposto nell’ambito di un procedimento penale per reati tributari, è legittimo.
Lo ha confermato la Corte di Cassazione con sentenza n. 6765 del 25 febbraio 2022, ultimo di una serie di ulteriori pronunciamenti (cfr.: Corte di Cassazione, sentenza n. 45707/2019).
In caso di evasione fiscale – dichiarazione fraudolenta (mediante fatture inesistenti e sottrazione al pagamento di imposte), – anche se la legge penale (artt. 321 e 322 ter cod. proc. pen. in relazione all’art. 11 del Dgs. 74/2000 e 76 del D.P.R. 602/73) esclude l’espropriazione dell’unico immobile di proprietà del debitore, la confisca dell’immobile è ritenuta giuridicamente corretta.
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Il principio dell’impignorabilità della prima casa, ovvero le tutele imposte con il D. L. n. 69/2013, riguardano il solo agente della riscossione e sono limitate a specifiche ipotesi e condizioni, mente non hanno alcun effetto sulla misura cautelare imposta nel processo penale che ha, evidentemente, finalità del tutto diverse.
Tra l’altro, il limite all’espropriazione non riguarda tanto la prima casa in quanto tale ma l’unico immobile di proprietà del debitore.
Beni con sequestro preventivo
Il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente del profitto corrispondente all’imposta evasa, può dunque essere applicato anche ai beni acquistati dall’indagato in epoca antecedente all’entrata in vigore dell’articolo 1, comma 143, della Legge n. 244/2007 che ha esteso tale misura ai reati tributari, visto che il principio di irretroattività attiene solo al momento di commissione della condotta e non anche al tempo di acquisizione dei beni oggetto del provvedimento.