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Benvenuti nell’era dell’immaginazione

di Anna Fabi

17 Ottobre 2019 13:02

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Un'economia dell'immaginazione che produca valore sostenibile, alimentata dalle potenzialità della tecnologia e dalla linfa creativa dei Millenials, sostenuta dalle istituzioni, insegnata fin dai primi passi: il ritorno al futuro teorizzato dagli esperti e prefigurato da Paolo Marizza.

Sono passati 50 anni da quando lo slogan l’immaginazione al potere sventolava nelle piazze rievocando le visioni utopiche di Marcuse. Oggi potrebbe essere riutilizzato invertendone i termini: potere all’immaginazione. Non a caso, illustri studiosi, compresi esperti del centro ricerche NASA, stanno prefigurando la nostra come l’era dell’immaginazione, successiva a quella dell’informazione (che sembra ormai aver fatto il suo corso trattandosi di una “commodity” disponibile a costi sempre più bassi di fruizione, trasmissione e comunicazione).

Qualcosa di nuovo sta dunque avanzando, evocando modelli diversi di sviluppo, convivenza e di leadership. Creatività e immaginazione diventeranno presto i principali vettori di valore economico e sociale al posto dell’analisi e del pensiero razionale, attuali forme primarie di conoscenza e sviluppo.

Nell’economia dell’immaginazione, dunque, il pensiero intuitivo crea valore a valle del pensiero logico, svolto dalle “protesi” tecnologiche che si stanno diffondendo con velocità crescente. Sebbene il controllo e l’accesso a risorse e informazioni siano utili per una strategia di sviluppo, non sono più sufficienti a generare crescita e valore sostenibile. È richiesto un terzo elemento: l ‘asset della creatività.

Questo richiede che organizzazioni e contesti di apprendimento e lavoro diventino più agili e alimentino coraggio, altruismo, compassione, empatia.

In un recente articolo, del BCG Henderson Institute, The New Logic of Competition, si afferma: “i leader aziendali di oggi stanno affrontando problemi competitivi complessi a breve termine, ma con l’avvicinarsi del 2020 devono imparare a guardare oltre la situazione odierna e comprendere a un livello più fondamentale cosa separerà i vincitori dai perdenti nel prossimo decennio ”.

È emozionante immaginare un futuro in cui la tecnologia crei ancor più opportunità per le persone, un futuro in cui chiunque possa massimizzare il proprio potenziale di sviluppo personale e professionale per ricoprire ruoli sempre più strategici e difficili da automatizzare.

In una recente ricerca (Il percorso verso la prosperità: perché il futuro del lavoro è umano), la Deloitte traccia uno scenario in cui i compiti più ripetitivi saranno svolti da robot lasciando il lavoro più creativo e stimolante alle persone, di nuovo protagoniste. Quasi un nuovo umanesimo. Non si tratterà di uno sviluppo limitato a poche élite ma di un cambio di paradigma, in cui lo sviluppo dell’immaginazione e dell’intelligenza sociale ed emotiva saranno valorizzati e incentivati perché leva di una nuova produttività.

Secondo la Singularity University, se da un lato è inevitabile che le nuove tecnologie tendano ad “occupare posti di lavoro”, dall’altro è innegabile che generino nuovi figure professionali e sbocchi occupazionali ad alto valore. L’innovazione, nell’era dell’immaginazione, darà vita a nuove industrie e forme di lavoro, nuove professioni e occasioni di autorealizzazione.

Nel libro “The Singularity is Near”, Raymond Kurzweil afferma che la futura combinazione di AI (Intelligenza Artificiale), nanotecnologia e biotecnologia creerà un mondo in cui tutto ciò che può essere immaginato sarà possibile, aumentando l’importanza dell’immaginazione come modalità chiave del pensiero e dell’essere umano.

=> Produttività e tecnologia: da circolo virtuoso a vizioso

Ma come possiamo preparare le persone, in particolare le classi dirigenti, all’era dell’immaginazione? Come risolvere le grandi sfide che l’umanità sta affrontando in modo creativo e collaborativo, attraverso la sperimentazione e l’innovazione? Come sviluppare l’Intelligenza emotiva e cognitiva per diventare più connessi, empatici e compassionevoli?

Come sempre accade nella storia, questi scenari potranno concretizzarsi soltanto dopo una fase di transizione complessa e irta di ostacoli, di difficoltà personali e di costi sociali. Oggi, tuttavia, in questo scenario si possono trovare elementi di positività e speranza.

I Millennial stanno diventando i nuovi cittadini, entrando a far parte della nostra forza lavoro. Rivendicano autonomia e indipendenza, non solo materiale. Sono stati educati a lavorare in gruppo, sono connessi a reti digitali e la voglia di collaborare piuttosto che competere è ben radicata. Non vogliono essere schiavi di ideologie e appartenenze ma spostarsi liberamente in contesti diversi e mutevoli.

In un certo senso, il prossimo decennio potrebbe segnare un ritorno al futuro, poiché i Millennial saranno pionieri, useranno dati, reti e robotica, non saranno vincolati da barriere di sorta. Per loro il mondo è già piatto, niente è troppo lontano, difficile o scoraggiante. Emergeranno una varietà di nuove attitudini per il lavoro senza confini.

Questa generazione potrà sviluppare capacità di innovazione superiori che richiedono immaginazione e una visione sistemica in cui tutte le parti si incastrano per formare insiemi sempre nuovi ma coerenti.

È nostra la responsabilità, della mia generazione e di quelle contigue. È nostro l’onere di creare contesti istituzionali, organizzativi e sociali idonei allo sviluppo e alla diffusione di queste capacità: accompagnare le nuove generazioni verso l’era dell’immaginazione. Uno sforzo nobile ma che ripaga. La società di consulenza McKinsey afferma: “se l’onere della leadership nell’era moderna sembra schiacciante, i potenziali benefici sono enormi”.

E mai come oggi istituzioni e organizzazioni possono fare molto per traghettare le nuove generazioni verso lo sviluppo di nuove capacità, creando al contempo contesti di lavoro attrattivi, flessibili, affidabili e collaborativi. A cominciare dalla scuola e dai percorsi educativi, in modo ricorrente e programmato.

=> Le potenzialità dell’economia circolare

Occorre investire sulla capacità di essere, pensare, parlare e agire in modo diverso, per sopravvivere e prosperare nell’era dell’immaginazione:

  • essere presenti a se stessi e agli altri in maniera trasparente e composta, evocare ciò che è, immaginare ciò che potrebbe essere;
  • essere aperti, curiosi, indagare e ascoltare se stessi e gli altri, suscitando interesse e generando opportunità;
  • essere empatici e attenti agli altri, tirando fuori il meglio dalle persone evocando rispetto e considerazione;
  • essere schietti, assertivi, audaci, assumersi rischi intelligenti e sfidare lo status quo, sfidare il pensiero comune evocando il cambiamento;
  • credere in sé e nella capacità altrui di inventare e innovare, con determinazione e resilienza, per sostenere azioni intelligenti che producano i risultati desiderati.

E infine, come sostiene Silvia Damiano fondatrice di About my Brain Institute, essere creativi, ovvero incarnare e agire tutti questi modi di essere per ideare, inventare e innovare, facilitando le conversazioni generative, che si traducono in modi più intelligenti e veloci di risolvere i problemi e prendere decisioni adeguate e soddisfacenti per il bene comune.

Cosi forse l’immaginazione sarà l’abilità più apprezzata nella nostra società.


Articolo di Paolo Marizza, Co-founder Innoventually, Adjunct Professor Deams UniTS.