L’arrivo sul mercato del lavoro delle nuove leve fa gola alle aziende, che vedono nelle generazioni digitali nuove possibilità di crescita. Ma non bisogna dimenticare che le vecchie generazioni costituiscono la parte più massiccia dei lavoratori e non bisogna mettere da parte chi ha una maggiore esperienza.
Alcuni stereotipi negativi indicano i lavoratori più maturi come troppo costosi, più difficili da formare, meno produttivi e troppo vicini alla pensione per valere l’investimento. Ma è stato dimostrato che i lavoratori più esperti portano a molti vantaggi come esperienza, affidabilità, disciplina e attenzione ai dettagli. Per questo riuscire a tenersi stretti i vecchi lavoratori porta ad una maggiore competitività.
Troppe aziende esitano nell’offrire programmi formativi a questo tipo di lavoratori, mentre invece una formazione adeguata assicura anche maggiore fedeltà all’azienda. Le statistiche svelano che i lavoratori di età pari o superiore a 55 anni rimangono in media in azienda 10 anni, contro i lavoratori di età compresa tra 25 e 34 anni, che rimangono meno di 3 anni.
=> Generazioni che collaborano
Un elemento importante è lo scambio tra generazioni: la differenza di età smorza i veleni competitivi e potenzia invece il lavoro di squadra e lo scambio di competenze.
In ultima analisi, quando si cercano nuovi lavoratori è utile ampliare il proprio raggio valutando anche risorse con esperienza. Introdurre in azienda lavoratori maturi porterà ad un aumento di competenze a parità di investimento economico.