L’immagine che emerge da un nuovo studio indipendente commissionato da Avaya, intitolato “Lavoro flessibile in Europa e in Russia”, mostra l’Italia poco incline ad offrire opportunità di telelavoro, nonostante tale modalità presenti notevoli benefici sia per le aziende che per i lavoratori, aumentando la produttività del 25%.
Secondo la ricerca, che ha raccolto le opinioni espresse da oltre 3.000 lavoratori di Francia, Germania, Italia, Russia, Spagna e Regno Unito, solo il 17% delle Pmi europee offre ai propri dipendenti opportunità di telelavoro, nonostante esso sia generalmente da quet’ultimi ben accetto.
Ciò comporterebbe l’impossibilità di cogliere un enorme vantaggio competitivo e penalizzerebbe soddisfazione e produttività dei lavoratori, oltre a creare un divario digitale all’interno delle realtà aziendali tra chi ha accesso ad Internet e chi invece non può accedere a tale “lusso”.
Eppure, il 30% dei senior manager europei ritiene il telelavoro un modo efficace per aumentare la competitività a livello internazionale, e altre ricerche di Avaya hanno dimostrato come il risparmio per le aziende relativo ad ogni lavoratore in remoto possa arrivare a circa 7.000 euro l’anno.
Le Pmi europee sono sono meno inclini a garantire condizioni di telelavoro: solo il 57% di esse si dichiara infatti disposta ad orientarsi verso tale modalità di lavoro, mentre la percentuale sale al 74% se si prendono in considerazione realtà al di fuori dell’Europa.
Il 44% dei dipendenti europei ritiene che l’impossibilità di lavorare da casa sia indice di una policy lavorativa obsoleta da parte delle aziende, mentre il 35% di essi ritiene che le aziende, pur possedendo le tecnologie adatte al telelavoro, abbiano deliberatamente scelto di non utilizzarle.