Piccole imprese e lavoratori autonomi subiscono una pressione fiscale di ben 4,4 miliardi di euro superiore a quella delle aziende di medie e grandi dimensioni. A denunciarlo è la CGIA Mestre nel rapporto sulla contribuzione fiscale delle aziende italiane.
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Rapporto CGIA
Nel 2018 i lavoratori autonomi e le piccole imprese hanno versato al Fisco 42,3 miliardi di euro. Un contributo importante nonostante la dimensione ridotta, pari al 53% dell’imposizione fiscale dell’intero sistema produttivo. Tutte le altre imprese, nonostante siano di medie e grandi dimensioni e riuscirebbero a gestire gli elevati costi della contribuzione “meglio” del piccolo imprenditore, hanno contribuito solo per il 47%, avendo versato 37,9 miliardi.
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Il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo, spiega:
Tale risultato è ascrivibile sia al loro esiguo numero sia all’elevata possibilità che queste realtà produttive hanno di eludere il Fisco. Come ha segnalato recentemente il Fondo Monetario Internazionale, il mancato pagamento delle imposte da parte delle grandi multinazionali del web, ad esempio, sottrae ogni anno all’erario italiano circa 20 miliardi di euro.
La differenza di 4,4 miliardi che grava sulle aziende di dimensioni ridotte rischia di affossarle, senza contare che su queste realtà gravano anche i pesanti ritardi nei pagamenti da parte delle PA e le difficoltà di accedere al credito bancario. Una somma di fattori che potrebbe portare le aziende più piccole, spina dorsale della nostra economia, a situazioni di insolvenza, spingendole addirittura fuori dal mercato.
In rischio tutt’altro che ipotetico, stando ad un altro rapporto sempre della CGIA che segnalava come nei primi sei mesi del 2019 fossero già 6500 le imprese artigianali costrette a chiudere per colpa del calo dei consumi, le tasse, la mancanza di credito e l’impennata degli affitti.