Nessun passo in avanti per la legge sul salario minimo proposto dal Movimento 5 Stelle. Il Ddl Catalfo resta in corso di esame in Commissione e, con la pausa estiva alle porte, sembra difficile che riesca ad approdare nell’aula del Senato prima di settembre.
Nel frattempo, il ministro del Lavoro Luigi Di Maio insiste: chi rallenta sul salario minimo, «sta dando una pugnalata ai lavoratori». In realtà si registrano aperture da parte dell’alleato di Governo, con il sottosegretario Claudio Durigon che segnala il via libera leghista a patto che la misura sia a costi invariati per le PMI. Un’ipotesi su cui c’è l’accordo con il M5S.
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La proposta
Il Ddl Catalfo prevede l’introduzione di un salario minimo orario non inferiore ai 9 euro l’ora ma garantito dal contratto nazionale di lavoro applicabile. Ci sono una serie di precisazioni sui criteri di applicabilità dei contratti (ad esempio, in presenza di più contratti di riferimento per un determinato settore, oppure di contratti territoriali). In ogni caso, il salario minimo non può scendere sotto i 9 euro all’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali.
In base alla proposta, si considera salario minimo:
il trattamento economico complessivo, proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato, non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro più rappresentative sul piano nazionale, il cui ambito di applicazione sia maggiormente connesso e obiettivamente vicino in senso qualitativo, anche considerato nel suo complesso, all’attività svolta dai lavoratori anche in maniera prevalente e comunque non inferiore a 9 euro all’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali.
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Come si vede, si cerca anche di rispondere all’esigenza, segnalata da imprese e sindacati, di mantenere la centralità della contrattazione. In pratica, il salario minimo potrebbe diventare una sorta di livello minimo contrattuale.
Non è chiaro come si possa coniugare questa regola con l’impegno di non aumentare i costi per le imprese, chiesto dalla Lega e su cui si dichiarano in linea i 5stelle. In base ai dati ISTAT, le imprese spenderebbero 4,3 miliardi in più. In ogni caso, Di Maio ha impresso un’accelerazione insistendo sulla centralità del tema e annunciando novità a giorni. E Durigon si è allineato ma nel rispetto delle richieste delle imprese.
In pratica, i due alleati di Governo sono d’accordo sulla necessità di una legge sul salario minimo (che è nel contratto di Governo) e sulle sue finalità ma si scontrano sul nodo dei costi per le PMI.