«Ogni possibile intervento normativo in materia di salario minimo dev’essere necessariamente caratterizzato da un requisito fondamentale, che è quello della semplicità e verificabilità»: è questa la posizione dell’INPS, espressa dal presidente Pasquale Tridico, in occasione della relazione annuale, sul salario minimo.
Tema su cui il dibattito è particolarmente caldo, vista la volontà del M5S di approvare specifica legge.
I punti chiave intorno a cui Tridico sviluppa una serie di riflessioni sono quelli maggiormente delicati anche sul fronte politico, ovvero il rapporto fra la legge sul salario minimo e i rapporti di lavoro, la rappresentatività delle parti sociali e l’importo del salario minimo stesso (nella proposta pentastellata 9 euro l’ora).
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Salario minimo in Europa
Innanzitutto, alcune considerazioni generali: a livello internazionale, una legge sul salario minimo «non costituisce una novità». Nell’Unione europea, «tutti i Paesi – fatta eccezione per l’Italia, la Danimarca, la Svezia e la Finlandia – hanno una legislazione in materia».
In Italia, fino ad ora questo non è successo anche per grazie a una contrattazione collettiva «forte e centralizzata» che «ha di fatto garantito ai lavoratori dipendenti il diritto a livelli retributivi minimi, ancorché fissati in misura variabile a seconda del settore produttivo di riferimento».
Negli ultimi anni, però, la situazione è cambiata: «la capacità regolativa del contratto collettivo nazionale è stata fortemente indebolita, a causa di fenomeni quali l’emergere di contratti “pirata” e del non rispetto dei minimi contrattuali (non-compliance)».
Nel dettaglio, «la tendenza all’aziendalizzazione delle relazioni di lavoro ha attenuato la funzione anticoncorrenziale della contrattazione collettiva nazionale», e la diffusione di contratti sottoscritti da organizzazioni sindacali e datoriali di scarsa capacità rappresentativa che «fissano condizioni economiconormative inferiori rispetto ai CCNL maggiormente applicati (c.d. “contratti pirata”) alimentano i fenomeni di dumping sociale e di law shopping».
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Contrattazione collettiva
In ogni caso, «la valorizzazione della contrattazione collettiva costituisce un connotato comune a tutti i disegni di legge in materia di salario minimo» presentati in Parlamento. Nell’individuare i contratti, si fa riferimento alle associazioni datoriali e ai sindacati maggiormente rappresentativi, e nei settori in cui esistono più contratti interviene il concetto di contratto leader, che è «quello stipulato dalle associazioni comparativamente più rappresentative nell’ambito della categoria».
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L’applicazione di questi principi, sottolinea Tridico, «non risulta agevole, in quanto la perimetrazione del settore produttivo (profilo oggettivo) deve tenere conto della legittima discrezionalità delle parti sociali di circoscrivere l’area delle aziende e dei lavoratori cui è rivolto il contratto collettivo.
Le iniziative legislative in materia di salario minimo affrontano la questione del perimetro associato alla classificazione del CCNL, richiamando la nozione di ambito di applicazione maggiormente connesso e obiettivamente vicino in senso qualitativo all’attività svolta dai lavoratori».
Ancora: il criterio della maggior rappresentatività non è sempre di facile applicazione «in assenza di regole uniformi e di sistemi oggettivi di rilevazione della dimensione associativa delle parti sociali». Il presidente INPS sottolinea che nei disegni di legge in discussione c’è «consapevolezza della rilevanza della questione, la cui soluzione costituisce condizione necessaria per prefigurare l’effettiva applicazione della tutela in materia di salario minimo».
L’istituto di previdenza sottolinea l’opportunità di «identificare le componenti necessarie al processo di monitoraggio e controllo, oltre alla verifica che i dati disponibili presso le istituzioni pubbliche siano arricchiti e aggiornati per strutturare un piano credibile di monitoraggio e vigilanza».
Livello di salario minimo
Per quanto riguarda, infine, il livello di salario minimo, sulla base delle denunce retributive 2017, il 28,9% dei contratti prevede un salario inferiore ai 9 euro lordi, percentuale che scende al 25,9% considerando solo le aziende del privato.
«L’incidenza dei salari al di sotto della soglia di 9 euro risulta essere decisamente più elevata per i giovani, per i lavoratori nel sud, per le donne, e per il settore manifatturiero, alberghiero, ristorazione e lavoratori domestici». Considerando invece le altre soglie di salario minimo previste dalle diverse proposte, ovvero 8,5 euro oppure 8 euro, l’incidenza totale sui rapporti di lavoro si riduce, rispettivamente al 21,9 e al 15%.
«Nel complesso – conclude Tridico – questa semplice analisi mostra come l’entità della platea coinvolta viene influenzata significativamente anche da variazioni delle soglie che a prima vista sembrerebbero contenute».